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L’Analisi tattica | Vanoli batte Nicola: fasce e Vlasic, il Cagliari sbaglia scelte contro il Torino

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Una sconfitta senza appello, meritata sia nel punteggio che nella sostanza. Dal primo minuto fino al novantesimo il Cagliari di Davide Nicola non è riuscito a trovare la quadra per mettere in difficoltà il Torino e ha subito costantemente la manovra dei granata. L’alibi della stanchezza, manifestato dall’allenatore rossoblù nel post partita, diventa per certi versi una colpa guardando allo sviluppo tattico della gara. Tanto da non lasciare spunti dal punto di vista della manovra offensiva e aprendo allo stesso modo dubbi sulla gestione della fase di non possesso.

Difficoltà
Nicola ha messo in campo un undici che ha dato seguito a quello visto contro il Lecce dopo i primi cambi della sfida vinta di fronte ai salentini. Difesa a quattro davanti a Caprile, due mediani con Marin e Deiola al posto di Makoumbou e Adopo, due ali in Zortea e Felici e i due giocatori offensivi Gaetano e Piccoli.

Il Cagliari si è quindi schierato con un classico 4-4-2 o 4-4-1-1 che si voglia, cercando di sviluppare la manovra attraverso il gioco sulle fasce come accaduto in tutto il corso del campionato. Una scelta logica e di continuità che però non ha pagato, non solo per la stanchezza – e dunque intensità e velocità nel giro palla mancate – ma anche per un Torino che è stato abile nel bloccare i principi di gioco dei rossoblù.

La prima costruzione ha visto il Cagliari cercare soluzioni differenti rispetto al recente passato. Se con Makoumbou e Adopo la scelta è sempre ricaduta nel 4+1, con l’ex Maribor nel compito di costruttore e il francese in quello di invasore, con Marin e Deiola le uscite dal basso hanno visto un 4+2 con i due mediani entrambi chiamati ad alternarsi in regia. Una decisione dettata dalle caratteristiche differenti degli interpreti e da quella che è sembrata la necessità di supportare più da vicino Marin, meno abile rispetto a Makoumbou nel mantenere il pallone anche sotto pressione.

Vanoli ha ingabbiato il gioco del Cagliari in maniera piuttosto semplice. Consapevole dell’abilità dei rossoblù nel gioco laterale, con le coppie Zappa-Zortea e Obert-Felici come sfogo esterno della manovra, l’ex allenatore del Venezia ha puntato sulla densità difensiva sulle fasce, andando a chiudere con più uomini la zona laterale del campo e puntando sulla compattezza sia orizzontale che verticale. Il risultato è stato un Cagliari in netta difficoltà nei triangoli, senza riuscire nemmeno a sfruttare il supporto di Piccoli e Gaetano così come quello del mediano della zona di riferimento. Una densità che ha avuto due effetti positivi per il Torino e negativi per i rossoblù: bloccare la fonte di gioco offensivo da una parte e preparare transizioni rapide sfruttando gli spazi tra le linee una volta riconquistata palla.

Chiave
Il Torino ha dimostrato, con le dovute proporzioni, di essere una squadra simile al Milan. Affrontata però in maniera completamente diversa da parte del Cagliari. Un portiere bravo con i piedi e capace di svolgere compiti da regista difensivo (Milinkovic Savic come Maignan), un centrocampo con regista e mediano di rottura ma pronto a muoversi per creare spazio (Ricci-Tameze con Fofana e Reijnders) e un attacco con giocatori rapidi sugli esterni e che non dava riferimenti ai centrali difensivi (Karamoh e Lazaro sulle fasce più Vlasic e Adams centralmente).

Se contro i rossoneri la scelta di Nicola era stata quella di attendere gli avversari senza provare la pressione alta uomo su uomo, ma cercando piuttosto compattezza e chiusura delle linee di passaggio, contro il Torino il Cagliari ha provato a prendere alti i granata pur senza la necessaria aggressività quando la palla veniva scaricata sugli esterni bassi. La chiave della partita è stata senza dubbio la posizione di Vlasic che, assieme a un attaccante come Adams abile nel non dare punti di riferimento, ha messo in seria difficoltà la fase difensiva rossoblù. Con Luperto chiamato a scegliere tra seguire fino a oltre la propria metà campo il numero 10 granata – ma lasciando spazio alle proprie spalle per gli inserimenti senza palla di Lazaro, Pedersen, Ricci e anche i tagli di Adams e Karamoh – oppure restando a protezione della retroguardia, con in questo caso maggiore libertà sempre per Vlasic.

Proprio lo spazio che si creava tra le linee di centrocampo e difesa è stato spesso e volentieri terra di conquista per il croato del Torino, soprattutto nella zona di sinistra della difesa del Cagliari. Pur svariando su tutto il fronte offensivo, Vlasic ha trovato nel lato occupato da Obert e Felici l’area dove poter creare maggiori problemi ai rossoblù. La scelta di Nicola di rinunciare all’attesa in nome della compattezza e della chiusura delle linee di passaggio non ha pagato, scelta peraltro in controtendenza con la situazione di stanchezza fisica e mentale citata dall’allenatore piemontese nel post partita. Non solo, ma l’assenza di scalate che portassero Luperto a non rompere la linea difensiva, lasciando a Marin e Deiola il compito di gestire Vlasic, ha fatto sì che il croato potesse fare il bello e il cattivo tempo, con un effetto domino che ha portato i rossoblù a inseguire costantemente le corse verticali sugli esterni e dei due interni Ricci e Tameze.

I gol
Dopo soli cinque minuti è arrivato il gol del vantaggio del Torino firmato da Adams, comunque dopo che i granata avevano dato già la sensazione di essere maggiormente in palla rispetto ai rossoblù. Una rete che è il riassunto di quanto si è visto durante quasi tutti i novanta minuti: pallone verticale del Cagliari, errore nella gestione, seconda palla preda del Torino, attacco della profondità rapido con Vlasic a fare da play offensivo e un esterno in combinazione con un mediano a dare l’opzione di giocata.

L’azione nasce dalla palla persa da Felici che non si intende con Piccoli, con lo scarico verso l’attaccante da parte dell’ex Feralpisalò che diventa preda dei granata. Vlasic è così libero da marcatura preventiva – una costante della gara – e può proporsi per lo scarico e per la costruzione in verticale.

Quando la palla arriva proprio a Vlasic, bravo nella protezione sull’attacco di Deiola alle spalle, è Obert a compiere una scelta che punta sull’aggressività piuttosto che sul controllo della profondità. Lo slovacco finisce così per restare a metà, non in grado di aggredire Lazaro e nemmeno di chiudere la linea di passaggio a Vlasic. Si crea così lo spazio sulla corsia di destra d’attacco del Torino dove vanno a inserirsi sia l’ex Inter che Ricci, mentre Luperto è distante e impossibilitato a scalare in chiusura.

L’effetto domino è ormai partito e c’è poco da fare per la difesa del Cagliari. Ricci attacca la profondità alle spalle di Luperto, con Obert e Marin in ritardo. Luperto affronta Lazaro, ma con la controindicazione di lasciare libera la zona di competenza che viene così presa d’assalto da Ricci. Centralmente Adams e Karamoh vanno al 2 contro 2 su Mina e Zappa, dividendosi l’area del Cagliari e andando a dare due opzioni a Ricci. C’è poi l’abilità dell’attaccante scozzese, ma il tutto nasce dalla gestione tattica che fa da preludio all’occasione.

La rete del 2-0 è invece una distrazione collettiva, perché seppur il movimento a tagliare il campo di Karamoh è decisivo, il Cagliari si fa sorprendere su palla inattiva con un lancio verticale abbastanza leggibile. Probabilmente i quattro cambi appena effettuati da Nicola hanno costretto i rossoblù a sistemarsi rapidamente senza avere il tempo di stabilizzarsi, così come il dubbio sulla spinta dell’ex Inter e Parma su Luperto rimane lecito guardando anche al metro utilizzato dall’arbitro Bonacina prima e dopo l’episodio.

Maglie difensive larghe, Luperto che segue a uomo Vlasic lasciando spazio alle proprie spalle nonostante la palla scoperta, Adams largo ad aprire per il taglio di Karamoh, Mina in ritardo, Augello distante dal compagno, diagonali assenti ingiustificate. C’è tutto questo nella rete del 2-0 firmata dall’attaccante scozzese, arrivata dopo la conclusione di Karamoh sulla traversa. Un’azione che è sintomo di una serata negativa e di una deconcentrazione che può essere sì frutto di stanchezza mentale, ma che non può essere ridotta soltanto a questo aspetto. Anzi, che su pallone da fermo si arrivi a un uomo contro uomo di questo tipo è la dimostrazione di quanto questa scelta non abbia pagato e quanto, forse, un atteggiamento sulla stessa falsariga di San Siro sarebbe potuto essere un’opzione migliore. A maggior ragione considerando la fatica citata da Nicola.

Matteo Zizola

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