“Abbiamo costruito la gara per avere densità con un centrocampo a tre. Non siamo riusciti a fare bene le scalate per portare la giusta pressione, eravamo spesso in ritardo perché loro costruivano in maniera diversa di volta in volta. Avremmo potuto aggredire di più il portatore, ma avremmo scoperto di più i corridoi e messo la linea difensiva in condizione di subire parecchio”. Questo il mix delle parole dell’allenatore del Cagliari Davide Nicola, prima ai microfoni di DAZN e poi in conferenza stampa, a margine della sconfitta per 0-1 contro la Juventus di Thiago Motta. È tutto qui il succo del tema tattico che ha portato al risultato della gara contro i bianconeri, in una partita preparata sulla stessa falsariga di quella contro l’Atalanta, ma che ha regalato una prestazione differente anche se non soprattutto nella fase di non possesso.
Fa le cose per bene
Da una parte le triangolazioni attraverso i rombi laterali dei nerazzurri di Gian Piero Gasperini. Dall’altra il connubio tra calcio posizionale e calcio relazionale della Juventus di Motta. Nel fronteggiare due idee di gioco differenti nella sostanza, Nicola ha scelto per il suo Cagliari gli stessi interpreti. Non solo per quel che riguarda l’undici iniziale, perché anche la disposizione nella fase di non possesso e in quella di possesso è stata una copia carbone di quella vista contro l’Atalanta e che aveva portato al pareggio per 0-0 nel turno precedente di Serie A. Un 4-3-3 con la palla tra i piedi dei rossoblù che si trasformava in 5-4-1 quando a condurre il gioco era la Juventus, grazie allo scivolamento di Zappa nel ruolo di braccetto destro, alle scalate di Zortea e Augello come quinti e al posizionamento di Adopo come esterno di destra a compensare in mezzo al campo. Una strategia che, però, non ha pagato soprattutto per un fattore ben descritto dall’allenatore piemontese nel post partita, ma letto con difficoltà durante i primi 45 minuti della Unipol Domus.
Fin dalle prime battute è apparsa evidente la difficoltà del Cagliari nello schermare il play avversario, ossia Locatelli. Tanto spazio, tanta libertà di pensare e scegliere la giocata. I rossoblù hanno provato a chiudere le linee di passaggio attraverso la densità e i reparti corti, andando però in confusione nella gestione delle scalate citate da Nicola. Un gioco difensivo a metà che ha visto il trio di centrocampisti del Cagliari non trovare quasi mai la quadra. I due interni Deiola e Adopo erano orientati prevalentemente alla copertura dei mezzi spazi, lasciando da parte la pressione uomo su uomo, mentre Makoumbou fungeva da mediano davanti alla difesa senza andare a prendere alto Locatelli. Quando i mediani provavano a salire di qualche metro lo facevano con poca armonia, slegati tra loro e arrivando sempre in ritardo sul portatore palla, lasciando così lo scarico per l’avversario rimasto libero, spesso appunto Locatelli.
Se da una parte la scelta di far costruire con libertà l’ex Milan e Sassuolo avrebbe potuto avere un senso quando il possesso della Juventus era nella propria metà campo, che lo stesso sia accaduto con i bianconeri ai quaranta metri dalla porta di Caprile ha destato più di qualche perplessità. La chiusura dei corridoi verticali spesso attaccati da Vlahovic e compagni, unita ai pochi riferimenti dati dai movimenti costanti di centrocampisti esterni – con Cambiaso come sempre abile nell’occupare una zona più centrale da regista aggiunto – non è stata eseguita perfettamente e anzi, la tentazione della pressione alta ma mai aggressiva ha aperto spazi senza essere compensata da una chiusura adeguata delle linee di passaggio.
Un’altra scelta che non ha pagato è stata quella che ha visto Piccoli e Deiola andare alti sui due centrali difensivi Gatti e Kelly, lasciando di fatto aperta la linea di passaggio per Locatelli, lasciato sempre libero dai tre mediani. Una situazione che non è dipesa dalla posizione del play bianconero e che si è ripetuta in ogni zona del campo, sia quando la Juventus costruiva dal basso sia quando riusciva a portare la palla nella metà campo del Cagliari.
Indicative le situazioni che vedevano Locatelli libero in mezzo alle maglie rossoblù. Né compattezza né uomo su uomo, con il risultato che il numero 5 bianconero veniva trovato con facilità tra i vari Piccoli, Makoumbou, Deiola e Adopo. La conseguenza immediata era il tentativo di accorciare dei giocatori del Cagliari, ma con un ritardo che portava Locatelli ad avere diverse opzioni per gestire il possesso con almeno tre compagni liberi di ricevere lo scarico sia sull’esterno che in verticale.
Un’altra situazione tipica dei primi quaranta minuti della sfida è stata quella che ha visto Locatelli ricevere in completa solitudine, con Deiola e Makoumbou piatti e in linea ad attendere la giocata del play bianconero. Nessuno dei due aveva la prontezza di andare ad attaccarlo, non tanto per un’assenza di volontà, quando per chiare indicazioni tattiche di Nicola che puntava a coprire i corridoi (come da lui stesso dichiarato nel post partita) piuttosto che aggredire. Una scelta che non ha pagato, tanto che nella fase finale della prima frazione è arrivato il cambio di strategia e, come conseguenza, un Cagliari che non ha più lasciato il pallino del gioco alla squadra di Thiago Motta.
Che quella di lasciare libero Locatelli sia stata quasi una scelta ponderata è apparso evidente durante una costruzione della Juventus intorno al minuto 25. Piccoli viene richiamato da Nicola alla pressione sul centrale in possesso di palla, mentre l’attaccante prova a schermare il regista bianconero. Il centravanti rossoblù indica chiaramente al suo allenatore l’impossibilità di svolgere il doppio compito, ossia di andare a creare difficoltà a Gatti e Kelly e, allo stesso tempo, evitare che il pallone potesse finire al numero 5 della Juventus in totale libertà. È mancata, in sostanza, la gestione collettiva della fase difensiva, con la difesa troppo bassa, la mediana appiattita sulla retroguardia per evitare l’apertura dei corridoi verticali e, allo stesso tempo, Piccoli lasciato solo a fare il doppio lavoro sui centrali difensivi e sul play.
Il canovaccio è cambiato sul finire della prima frazione, quando finalmente Makoumbou è stato liberato dai compiti di schermatura della difesa e ha potuto cercare di aggredire più alto Locatelli. L’altra faccia della medaglia è stato lo spazio lasciato dall’ex Maribor alle proprie spalle, attaccabile dai movimenti dei giocatori della Juventus limitabili soltanto da una difesa più alta. Nel secondo tempo, grazie a un atteggiamento di squadra più aggressivo, il Cagliari è riuscito a migliorare questo aspetto, lasciando magari qualcosa alle ripartenze avversarie ma togliendo almeno il pallino del gioco a Locatelli.
Come reazione alla nuova strategia difensiva del Cagliari, Locatelli ha iniziato a muoversi per cercare spazio più lateralmente, andando così a mettere in difficoltà nuovamente le scalate dei rossoblù. Nonostante ciò il Cagliari è riuscito a condurre maggiormente il gioco, pur se in maniera abbastanza sterile contro una Juventus che si è trasformata in “provinciale” per atteggiamento e disposizione. Le fatiche di Champions hanno iniziato a far pagare il conto ai bianconeri che, in modo intelligente, hanno optato per lasciare il pallino ai rossoblù e chiudere le linee di passaggio e gli spazi tra i reparti senza particolari problemi, per poi ripartire sfruttando un avversario fin troppo proiettato in attacco.
Come fatto notare anche dall’analisi del portale Calcio Datato, la gara di Locatelli è stata facilitata dalle difficoltà del Cagliari nella schermatura del play bianconero. Il regista ha stabilito il record stagionale (non solo personale, ma di tutta la Juventus) di ingressi nel terzo offensivo, con ben 23 passaggi completati per i compagni nella trequarti rossoblù. Un valore che ha pareggiato quello dello stesso Locatelli in Juventus-Milan, ma con quasi venti minuti in meno in campo nella gara della Unipol Domus. La vera chiave della sfida tattica stravinta da Thiago Motta contro Nicola, seppur nella prima parte della ripresa l’allenatore del Cagliari sembrava aver trovato la quadra per cambiare le sorti dell’incontro. L’ingresso di Luvumbo ha dato maggiore vivacità, quello di Coman in zona centrale ha regalato maggiore presenza tra le linee sia in possesso che in non possesso. Fino a che Nicola non ha optato per l’inserimento di Viola come numero 10, con il romeno a sinistra e Luvumbo a destra, spegnendo progressivamente la verve di quest’ultimo.
Ahi Mina
Certo, è pur vero che il Cagliari ha perso per una disattenzione difensiva costata cara. Uno 0-1 che dunque lascia l’amaro in bocca, seppur va considerato come la Juventus abbia avuto diverse occasioni che Caprile ha ottimamente sventato, oltre a un rigore apparso evidente non concesso dopo la spinta di Luperto a un Vlahovic lanciato a rete. Non esiste la controprova, ma la rete che ha deciso la sfida della Unipol Domus alla fine è risultata la vera discriminante anche più del nodo Locatelli.
L’azione nasce da un primo errore del centrale colombiano passato quasi nel dimenticatoio per la gravità di quelli successivi, ma forse ancora più importante rispetto a quanto accaduto come conseguenza. Mina è in possesso, ritarda colpevolmente il giro palla, ma comunque avrebbe ancora il tempo di passare in orizzontale verso Luperto in una zona meno battuta dai giocatori bianconeri. Adopo, che diventerà il target dello scarico dell’ex Fiorentina, è di fatto in mezzo a tanti giocatori della Juventus e non la soluzione migliore per uscire in costruzione.
Una volta che il centrocampista riceve palla, sono due le opzioni di giocata. La meno pericolosa in quanto laterale sarebbe stata l’appoggio verso Zappa, sicuramente non la maniera migliore di uscire per creare pericolo, ma senza dubbio quella più sicura difensivamente. In alternativa la restituzione del pallone a Mina che, dal canto suo, avrebbe così potuto lanciare di prima attaccando e non aspettando l’arrivo della sfera. Da notare l’abilità di Vlahovic che, da attaccante esperto, capisce il possibile errore e si muove verso il colombiano ancora prima che Adopo calci il pallone nella sua direzione.
Il resto è ormai noto. Mina cincischia, Vlahovic si avventa su di lui rubando il pallone e sfruttando il proprio passo differente e poi si lancia in solitaria verso la porta di Caprile. Un ulteriore dettaglio – non una colpa, ma più un mancato aiuto – è la poca reattività di Luperto che, al contrario dell’attaccante serbo, non capisce per tempo il possibile errore e resta fermo in attesa. Con una maggiore comprensione della difficoltà probabilmente Luperto avrebbe potuto aiutare Mina e, magari, fare quel salvataggio mancato al colombiano prima che la palla entrasse nella porta del Cagliari.
Matteo Zizola