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L’Analisi Tattica | Mediana a due e duelli, Nicola consegna il Cagliari alla Fiorentina

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Ci sono sconfitte che arrivano a causa di differenze tecniche tra le due squadre, altre per via di errori dei singoli, altre ancora per semplice sfortuna che sia difensiva o nel non trasformare in gol la mole di gioco prodotta. Ci sono poi gare che portano a un risultato negativo per una gestione collettiva, leggasi anche tattica, che porta a conseguenze quasi scontate. Come se le difficoltà che l’avversario di turno può creare fossero note e visibili senza che però siano arrivati i dovuti accorgimenti per evitare l’evitabile. È il caso di quella patita dal Cagliari contro la Fiorentina, un 1-2 che con una visione poco attenta può portare a dare responsabilità – comunque esistenti – al giocatore di turno, ma che con un’analisi più approfondita non può che avere un imputato sopra tutti. Perché, in fondo, la poca reattività d’azione di Davide Nicola dalla panchina è stata la causa di gol che sembravano nell’ordine delle cose, tanto prevedibili quanto poco sorprendenti, con un dettaglio su tutti a segnare la differenza tra gestione e sconfitta subita.

Illusione

L’allenatore rossoblù ha scelto di mettere in campo una strategia che ha seguito quella ormai consolidata, quasi senza tener conto di un avversario con caratteristiche peculiari ancora più enfatizzate dall’assenza dell’ultimo momento di Kean. Un 4-2-3-1 che si trasformava in 4-2-4 in fase di possesso per diventare una sorta di 5-4-1 in fase di non possesso e che, per i primi 25 minuti di gara ha pagato i dividendi sperati.

Un Cagliari capace di aggredire la partita, mettendo in seria difficoltà la Fiorentina con una prima pressione ben organizzata e che non lasciava spazio alle uscite dal basso pulite dei viola di Raffaele Palladino. Tanti uomini in zona palla, ricerca rapida della transizione offensiva, utilizzo di Luvumbo come grimaldello per sfondare sull’esterno con il contemporaneo riempimento dell’area di rigore difesa da De Gea e compagni.

La prima fase di gara ha visto una squadra propositiva, corta tra i reparti, disposta in possesso nella metà campo della Fiorentina con un 4-2-4 nel quale la corsia di sinistra diventava l’arma per portare pericoli. Viola spesso affiancato a Piccoli, Zortea e Luvumbo come esterni alti, Adopo e Prati a controllare il centrocampo tra filtro e verticalità o attraverso passaggi nel caso del ravennate o con conduzione del pallone nel caso del francese. L’azione che ha portato al vantaggio firmato da Piccoli è nata proprio da una disposizione di questo tipo, con Augello pronto a sovrapporsi a Luvumbo attirando su di sé l’attenzione ed evitando il raddoppio sul compagno, con Piccoli, Viola e Zortea ad attaccare i sedici metri e con i reparti estremamente corti.

Chiave

Un Cagliari che aveva dato l’impressione di poter controllare la partita, ma non attraverso la gestione, piuttosto con intensità, carica agonistica nei duelli e ricerca degli uno contro uno sulle fasce. La svolta non appena i rossoblù hanno iniziato a perdere le distanze nel pressing e la Fiorentina a trovare sbocchi per il superamento della prima pressione. Ciò che era un’opzione più che probabile prima della partita è diventata la chiave per la mezz’ora centrale nella quale i viola hanno preso il dominio del campo e, soprattutto, gettato le basi per la vittoria attraverso un gioco scontato, ma efficace. Più per mancanze del Cagliari che per propri meriti, seppur l’esecuzione della strategia di Palladino è passata attraverso la qualità dei giocatori a disposizione del tecnico dei toscani.

Se il palo di Zortea è diventato il simbolo del cambio di rotta della partita, con la Fiorentina che successivamente ha preso il controllo senza praticamente mai perderlo, già dopo i primi dieci minuti si sono viste le avvisaglie di ciò che sarebbe accaduto una volta scollinato il 25′. La coppia Mandragora-Cataldi, in posizione relativamente bassa, attirava a sé la pressione alta di Prati, mentre Adopo andava a schermare il braccetto di sinistra Ranieri. Una scelta che è nata dal doppio compito di Zortea che vedremo a breve. E, soprattutto, una scelta che toglieva lo schermo alla difesa, con i due mediani che lasciavano un ampio spazio tra le linee sul quale navigavano in libertà a turno Fagioli, Gudmundsson e Beltran. Effetto dell’attacco leggero, l’assenza del riferimento dato da Kean non ha aiutato Mina e anzi, ha permesso alla Fiorentina di riempire con più uomini una zona di rifinitura lasciata scoperta colpevolmente anche per via dell’inferiorità numerica in mezzo al campo scelta da Nicola per il suo Cagliari.

Come anticipato una delle cause del problema scalate e dello spazio libero davanti alla difesa del Cagliari è stata la scelta di dare l’ormai classico doppio compito a Zortea. In prima pressione sulla costruzione dal basso della Fiorentina l’esterno rossoblù aveva come uomo di riferimento Ranieri – braccetto sinistro – mentre, una volta che i viola superavano la prima pressione, ecco che Zortea doveva scalare come quinto di difesa a protezione su Gosens. Una strategia che non ha pagato perché ha portato confusione negli accoppiamenti successivi, con Adopo che passava su Ranieri lasciando Prati alle prese con troppi avversari e uno spazio ampio da gestire.

Così la Fiorentina ha trovato terreno fertile per fare il proprio gioco senza troppe difficoltà. Una sorta di tappeto rosso per esaltarne le caratteristiche steso dal Cagliari, una zona tra le linee nella quale la mobilità e le rotazioni dei tre uomini più offensivi viola (Fagioli, Gudmundsson e Beltran) hanno potuto giostrare a piacimento, con anche l’inserimento in verticale di uno tra Cataldi e Mandragora (soprattutto quest’ultimo).

Il gol del pareggio firmato da Gosens arriva come logica conseguenza di quanto visto nel periodo di gara antecedente. Ampia zona libera da attaccare tra le linee, gestione rapida del pallone con triangolazione e passaggio verticale nello spazio, Mandragora che attacca la zona di rifinitura lasciata libera da Gudmundsson scivolato verso la mediana come regista puro. L’assenza di uomo contro uomo con i difensori rimasti a tenere la linea per evitare di essere presi d’infilata ha creato così la distanza tra i reparti, diventata terra di conquista per la Fiorentina.

Il resto è il classico effetto domino dettato dalla rincorsa degli spazi perduti. Ossia Mina e Luperto che devono sia seguire l’attacco verticale senza palla di Beltran che decidere chi dei due debba rompere la linea per creare problemi al portatore (Mandragora), Zappa che deve giocoforza rimanere su Fagioli lasciando però così che Gosens possa andare nello spazio lasciato libero, Zortea che prova a rincorrere il tedesco perdendo la sfida fin dal principio.

Ciò che però risalta è l’assenza di Prati e Adopo dalle immagini. Con la visuale più ampia arriva la risposta: i due mediani sono altissimi, trascinati lontano dalla trequarti dal movimento precedente di Gudmundsson e dalla decisione di accoppiare il francese a Ranieri nella pressione a metà campo. È questa la chiave che ha creato l’effetto domino, una mossa che stona pensando a quanto potesse essere prevedibile il gioco offensivo della Fiorentina e pensando a una rosa rossoblù che di certo ha mancanze, ma non in mezzo al campo. La decisione di non utilizzare un centrocampo a tre con un mediano basso e due interni si è rivelata errata: ha funzionato finché il Cagliari è riuscito a tenere intensità e pressione, è diventata un’arma a doppio taglio non appena sono mancati questi aspetti e i viola hanno trovato modo di uscire dal pressing rossoblù.

Se la scelta di insistere sul centrocampo a due anche nella parte finale del primo tempo può essere legittima, rientrare in campo con la stessa struttura e la stessa strategia anche nella ripresa è apparso un autogol tattico non di poco conto. E non è mancato il campanello d’allarme immediato, perché dopo appena un minuto del secondo tempo ecco di nuovo ripresentarsi la stessa situazione con lo spazio tra le linee aperto e libero per essere riempito da Gudmundsson e Beltran, la densità portata su un lato e Dodò ad attaccare il lato opposto (o viceversa Gosens), il Cagliari a inseguire con ritardo più che a schermare e attendere l’avversario.

Il gol che porta alla vittoria della Fiorentina arriva poco dopo e ancora una volta attraverso l’utilizzo della zona di rifinitura. Solito schema: palla verticale nello spazio tra le linee a tagliare il duo Prati-Adopo, Gudmundsson a fare da play offensivo, pallone condotto e poi girato sull’esterno, inserimento o, come in questo caso, cross verso l’area. Certo, nella situazione specifica il Cagliari appare anche ben schierato dentro i sedici metri e dunque in grado di difendere l’azione, ma con Palomino leggermente staccato è Zortea a fare coppia con Beltran e a perdere un duello aereo abbastanza leggibile. La sensazione, però, è che se non fosse stata questa l’occasione per subire il gol ne sarebbe probabilmente arrivata un’altra con dinamiche pressoché identiche. Una storia già scritta dal 25′ senza che Nicola sia riuscito a riscriverne una differente con mosse opportune e, a quanto pare solo in apparenza, scontate.

Matteo Zizola

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