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L’Analisi Tattica | Difesa compatta e transizioni: a Milano un Cagliari che dà speranza

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Uno dei compiti più difficili per un allenatore è preparare una partita contro un avversario che ha appena cambiato guida tecnica. Solo due le gare che Davide Nicola ha potuto prendere come esempio per capire come contrastare il Milan di Sergio Conceicao, pur se il nuovo allenatore dei rossoneri ha portato con sé principi di gioco già noti dai tempi in cui guidava il Porto. Il Cagliari sceso in campo a San Siro e che ha raccolto un pareggio importante – nonostante la conferma del terzultimo posto in classifica – è apparsa una formazione con le idee chiare sulle peculiarità degli avversari, rinnovati con l’arrivo in panchina dell’ex giocatore di Inter e Lazio tra le altre.

Fase difensiva

Una delle caratteristiche del tecnico portoghese è da sempre una strategia improntata sull’aggressività e, soprattutto, sul poco palleggio con la ricerca della verticalità provando a sfruttare gli spazi alle spalle della linea difensiva avversaria. Una filosofia che ha così portato Nicola a basare la tattica difensiva su una squadra corta, che chiudesse gli spazi e che, pur puntando sull’uomo su uomo, non andasse ad aggredire alto il Milan così da evitare di lasciare troppo campo alle verticalizzazioni e alle corse verticali soprattutto di Theo Hernandez.

L’allenatore rossoblù, al contrario che in altre occasioni, ha completamente rinunciato alla prima pressione. La scelta è stata quella di lasciare impostare il Milan dal basso per due motivi: il primo le capacità tecniche di Maignan, libero di ricevere e scegliere la giocata, ma allo stesso tempo con il Cagliari che copriva sia linee di passaggio medio-lunghe sia gli uomini passibili ricezione del pallone; il secondo la necessità di restare corti e non aprire spazi alle incursioni centrali di Theo Hernandez e alle combinazioni del francese con Leao, oltre ai movimenti senza palla di Reijnders e ai tagli orizzontali di Pulisic.

Una volta che il Milan prendeva possesso della metà campo rossoblù, ecco che il Cagliari si schierava con reparti estremamente corti e con un uomo su uomo quasi totale. Una sorta di 6-2-2 con Zortea e Felici pronti a seguire i due terzini avversari, Adopo e Makoumbou a controllare due dei tre mediani mediani e Luperto nel ruolo quasi di libero vecchio stampo che prendeva l’avversario che attaccava la profondità.

L’esempio dell’unione di attesa iniziale e pressione uomo su uomo una volta che il Milan arrivava nella metà campo del Cagliari è data dalla costante rottura della linea difensiva da parte degli interpreti. Dal 4-4-2 di base si passava al 6-2-2 in fase di non possesso per poi trasformarsi in un 4-2-2-2 in possesso, ma senza che i numeri significassero posizioni ferme e nette. Tutto è dipeso dai movimenti degli avversari, con accoppiamenti difensivi chiari e senza quasi mai lasciare spazio a scalate nelle marcature.

In questo contesto è stato fondamentale il lavoro di Zappa su Leao, con il terzino rossoblù che è stato abile nella duttilità passando da quarto con licenza di attaccare in possesso a braccetto di destra quando chiamato a difendere. Ma, soprattutto, il compito è stato quello della marcatura uomo su uomo su Leao, seguendo il portoghese fin dentro la metà campo rossonera (prima foto) o nelle zone centrali quando l’attaccante rossonero spesso e volentieri cercava di trovare spazio tra le linee o di partecipare alla costruzione della manovra offensiva.

Non solo Zappa, perché anche sul lato opposto Obert ha di fatto svolto lo stesso lavoro del compagno. Seppur Pulisic rappresentava un avversario dai movimenti più codificati e meno imprevedibili, quando l’americano entrava dentro il campo il terzino rossoblù lo seguiva trovando l’aiuto di Felici nella copertura della fascia sinistra difensiva.

Un altro giocatore fondamentale nell’uomo su uomo del Cagliari è stato Zortea. Chiamato a un duello a tutto campo con Hernandez, tanto da arrivare spesso e volentieri a coprire una zona più centrale della difesa visti i tentativi ormai noti del francese di andare a coprire uno dei cinque canali verticali della zona offensiva. E, in alcuni frangenti, ritrovandosi a fare da mediano vero e proprio assieme a Obert quando Theo e Pulisic cercavano combinazioni strette sulla trequarti.

Ad aiutare la compattezza difensiva ci ha pensato Palomino che, abituato al gioco di Gasperini ed esperto nella gestione dell’uomo su uomo a tutto campo, non ha è mai mancato nell’aggressione su Morata, andando a rompere la linea e lasciando a Luperto il compito di coprire lo spazio che si creava alle sue spalle.

L’unico cambio sostanziale nel corso dei novanta minuti è arrivato con l’ingresso di Deiola nella ripresa. A quel punto il Cagliari si è schierato con tre centrocampisti puri, Makoumbou nella posizione di mediano e il sangavinese a fare la mezzala di sinistra, con Adopo sul lato opposto. Con l’inserimento da parte di Conceicao di Abraham e il passaggio a due punte, anche Luperto ha dovuto cambiare il proprio approccio difensivo e rompere spesso e volentieri la linea per seguire l’inglese, mentre Palomino continuava a marcare Morata.

L’ingresso in campo di Abraham ha, di fatto, semplificato ancora di più gli accoppiamenti per i rossoblù, pur se d’altra parte è aumentata la pressione offensiva del Milan. Con l’inglese al posto di Musah la modifica più importante di Nicola è stata affidare Reijnders alle cure di Makoumbou che, spesso e volentieri, è diventato un centrale difensivo aggiunto che copriva i mezzi spazi nei quali provava a inserirsi l’olandese.

Non solo difesa

Le statistiche e la prestazione di Caprile possono far pensare che il Cagliari visto a San Siro abbia completamente rinunciato alla fase offensiva, affidandosi ad attacchi sporadici e quasi casuali. Niente di più sbagliato, perché pur se il dominio territoriale del Milan è stato evidente, è stato altrettanto chiaro che la squadra di Nicola non si è limitata soltanto alla chiusura degli spazi agli avversari.

In costruzione e con l’ormai consolidato schieramento con due mediani, il Cagliari ha utilizzato il classico 4+2. Linea difensiva composta da Palomino e Luperto centrali con Zappa e Obert aperti a fornire opzioni di uscita laterale, mentre in mezzo Makoumbou fungeva da play e Adopo da appoggio con compiti più da incursore.

Nonostante le difficoltà nella gestione del possesso, i rossoblù sono riusciti a riproporre anche a San Siro una delle costanti del girone di andata in chiave offensiva. Il gioco laterale sulla destra, seppur con meno continuità dovuta alla caratura degli avversari, è stato la chiave per trovare occasioni nitide o anche solo potenziali. Il triangolo Zappa-Zortea-Adopo con il supporto di Piccoli ha creato la densità su un lato lasciando su quello opposto Felici largo, così da creare lo spazio per sfruttarne velocità e uno contro uno. Viola, in un ruolo da seconda punta se non prima, cercava di attaccare l’area lasciata libera dai movimenti di Piccoli e, grazie all’intesa tra Zappa e Zortea, sono arrivati pericoli per la difesa del Milan soprattutto nella parte finale della prima frazione.

La più grande occasione del primo tempo – e non solo per il Cagliari – è stata senza dubbio la conclusione di Felici sventata da Maignan con una parata dal coefficiente di difficoltà elevatissimo. Non un pericolo nato casualmente, ma arrivato da una transizione offensiva rapida ancora una volta partita da destra, per poi trovare il cambio di gioco di Makoumbou verso l’ex Feralpisalò che, a quel punto, si è ritrovato nella situazione pensata da Nicola: uno contro uno di fronte a Calabria, con la difesa rossonera spostata sul lato opposto e con spazio per attaccare l’area. L’aspetto da notare della giocata collettiva è il supporto di ben cinque compagni all’azione, compreso Obert che ha chiuso la propria corsa arrivando davanti al compagno per creare lo spazio utile per il suo taglio centrale e conseguente conclusione.

Eventi

Il gol del vantaggio del Milan ha messo in mostra l’unica disattenzione collettiva della fase difensiva del Cagliari. Non tanto (o non solo) un errore individuale, ma una serie di mancanze per certi versi fisiologiche quando si è chiamati alla massima attenzione per tutto l’arco dei novanta minuti.

La giocata parte dalla destra d’attacco dei rossoneri, con il pallone che viene fatto girare arrivando a Theo sulla parte opposta, ma in posizione più centrale. Non c’è aggressione sul francese che è così libero di alzare la testa e scegliere la giocata. Pulisic, che aveva dato il La all’azione, è pronto ad attaccare l’area di rigore nella zona di sinistra dell’area del Cagliari, con Luperto che sembra poterlo seguire momentaneamente e Obert prendere la posizione dell’ex Empoli più centralmente.

Al contrario Luperto continua la sua corsa per recuperare la sua posizione, mentre Obert non è reattivo nello scambiarsi con il compagno. Arriva così la conclusione a botta sicura di Pulisic, con Caprile che devia sul palo. Qui è Palomino a mancare, perché l’argentino appare in tutta la giocata in netto vantaggio su Morata, posizionato tra porta e attaccante e dunque con la possibilità di tagliare fuori lo spagnolo. Ma l’ex Atletico Madrid è più abile nel capire l’evoluzione dell’azione e a prendere il tempo a Palomino segnando a porta sguarnita.

Il pareggio firmato da Zortea è invece un perfetto riassunto della gara del Cagliari nelle due fasi. Chiusura degli spazi e delle linee di passaggio, transizione rapida, movimento senza palla di Piccoli, supporto dell’esterno opposto nella ripartenza.

Tutto nasce da un tentativo forzato di Fofana di servire un compagno con un filtrante sul mezzo spazio alle spalle di Felici, con la difesa del Cagliari spostata più a protezione dell’area che a copertura dell’esterno. L’ex Feralpisalò, però, è bravo nel coprire la zona e chiudere la linea verticale, intercettando la palla giocata da Fofana e ripartendo palla al piede in velocità. Il centrocampista rossonero perde tempo reagendo all’errore per poi evitare di compiere fallo forse perché sotto diffida.

Una volta superato Fofana, Felici punta verso l’area rossonera. Con lui Viola e Piccoli, più Zortea che arriva a supporto sul lato opposto. Il numero 10 esegue un movimento che sembra complicare la giocata del compagno, ritarda nella scelta tra sovrapposizione interna ed esterna finendo per intralciare sia Felici che Piccoli, con quest’ultimo che sceglie giustamente il taglio o per essere servito in verticale o per creare lo spazio al portatore palla centralmente. È qui che Felici dimostra tutte le sue capacità di scelta. La tentazione della giocata personale, il pallone per Piccoli o Viola, oppure l’ulteriore conduzione per poi appoggiare su Zortea. Tre opzioni, sicuramente le prime due più “comode” e quasi automatiche, la terza in apparenza più conservativa. Certo, c’è l’errore di Maignan sul tiro dell’esterno ex Atalanta, ma la giocata di Felici è la conferma di un esterno non solo veloce e capace tecnicamente, ma che ha anche l’abilità nello scegliere tempi e modi dell’azione offensiva.

Matteo Zizola

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