Seconda sconfitta consecutiva, seconda gara di fila senza reti segnate, seconda partita dopo quella contro l’Udinese nella quale la produzione offensiva e la gestione del possesso si sono limitate a piccole fiammate senza una strategia efficace e vincente. Il Cagliari di Davide Nicola ha così fatto un ulteriore passo indietro dopo quello del Friuli, venendo punito da un Bologna che ha chiuso con uno 0-2 a proprio favore che ha manifestato i problemi di una squadra ancora alla ricerca di se stessa sia mentalmente che tatticamente.
Fase offensiva
Rispetto alla sconfitta contro l’Udinese, il Cagliari ha cambiato tipologia di costruzione. L’assenza di Makoumbou e le caratteristiche della squadra di Vincenzo Italiano hanno portato Nicola a optare per un 4+2 rispetto al 4+1 visto contro i bianconeri in trasferta. Una decisione anticipata per certi versi nella conferenza prepartita e poi confermata dal tecnico rossoblù dopo il fischio finale: “La scelta di Prati e Marin è stata fatta per gestire il palleggio e non mi ricordo sinceramente grandi occasioni per gli avversari”, queste le parole dell’allenatore piemontese.
Andando però dall’idea alla sua realizzazione la differenza vista nei fatti è stata ampia. Perché è vero che il Cagliari si è schierato con due registi che avrebbero dovuto portare maggiore qualità nel superamento della prima pressione del Bologna, ma è altrettanto vero che la soluzione cercata con maggiore frequenza non è stata quella di passare da Prati o da Marin. Bastano i dati Opta sulla gara della Unipol Domus per dare una risposta che conferma quanto visto: Scuffet, tra lanci e passaggi sia positivi che negativi, ha giocato 48 palloni, Luperto e Palomino rispettivamente 58 e 62, mentre i due centrocampisti centrali si sono fermati a 15 nel caso dell’ex Spal e a 36 in quello del nazionale romeno.
Le principali occasioni create dal Cagliari sono arrivate, oltre che su due spezzoni da dieci minuti divisi tra inizio dei due tempi, dall’utilizzo di un giro palla breve che terminava principalmente su Scuffet, chiamato alla palla lunga verso Piccoli, e in alternativa al duo di difensori centrali. Rispetto alle attese non c’è stato il superamento della prima pressione con palla a terra e verticalizzazioni rapide, così come una delle forze del Cagliari – il gioco laterale – è stato probabilmente il maggiore assente nelle idee di gioco messe in campo contro il Bologna.
Un’altra caratteristica della squadra di Nicola vista nell’ultima gara casalinga contro il Torino è stata quella di un’occupazione della zona di rifinitura – area mobile che comprende lo spazio tra difesa e centrocampo avversario – attraverso la libertà di movimento di Viola e la relazione del numero 10 con Piccoli e con gli esterni alti. Con un Bologna abile nella prima pressione e nel recupero del pallone nella metà campo avversaria, una delle chiavi per attaccare gli uomini di Italiano risiedeva proprio in questa zona tra le linee. Che, però, è stata poco utilizzata dai rossoblù, sia perché Viola non è apparso in serata di grazia – tutt’altro – sia per le caratteristiche degli esterni alti con Zortea chiamato ad aiutare spesso e volentieri Zappa e Gaetano che è sembrato slegato dal gioco.
L’attacco alla linea difensiva del Bologna è stato portato con parecchi lanci dalle retrovie alla ricerca di Piccoli e delle seconde palle che sarebbero potute scaturire dai duelli aerei e, in alternativa, dal gioco laterale. Con quest’ultimo che, come anticipato, è stato utilizzato con minore intensità rispetto al passato sia per la natura degli interpreti, Gaetano su tutti, sia per le difficoltà di Viola nel districarsi tra il duo Moro-Freuler. Soltanto nell’occasione che ha portato al cross deviato di Piccoli poi salvato da Skorupski il Cagliari è riuscito a portare un attacco alla linea verticale palla a terra, con il classico movimento di Viola nella zona di rifinitura esterna e con Gaetano pronto a tagliare dentro e Piccoli ad andare alle spalle del terzino. Le transizioni offensive della squadra di Nicola non sono state efficaci, con complicazioni evidenti nel recupero palla di fronte a un Bologna abile nel palleggio e con altrettanti problemi nel ripartire rapidamente verso la zona offensiva.
Fase Difensiva
Il cambio più importante rispetto alle ultime due gare contro Udinese e Torino si è visto a livello difensivo. Non più una squadra che passava da una costruzione a quattro a una linea a tre o a cinque in fase di non possesso, ma al contrario nessuna modifica della tattica di base a prescindere dalle due fasi. Le difficoltà principali sono arrivate per l’assenza di un mediano d’interdizione e di fisico, nello specifico Adopo, e nella bravura del Bologna nelle rotazioni dei suoi uomini sia in uscita dal basso che nella zona di rifinitura, con Ndoye che entrava spesso dentro il campo e Orsolini che restava largo per aprire i mezzi spazi.
La prima pressione del Cagliari nelle fase iniziali della gara è stata improntata su un tentativo a metà tra pressing uomo su uomo e chiusura delle linee di passaggio. Viola si occupava di uno dei due centrali difensivi e di Skorupski non appena arrivava lo scarico verso il portiere, Piccoli andava su uno dei due registi mentre Gaetano e Zortea sui rispettivi terzini di parte, con Prati più spesso di Marin pronto ad alzarsi sul secondo regista.
Il problema è arrivato non appena il Bologna ha iniziato ad applicare rotazioni con i suoi centrali e il play, su tutti Freuler. Nell’esempio è evidenziato il movimento di Lucumí, che con il regista svizzero pronto ad abbassarsi a fianco dell’altro centrale Beukema andava ad occupare lo spazio tra le linee come un vero e proprio mediano-regista. Un movimento che ha trovato il Cagliari confuso nelle scalate e nell’uomo su uomo, anche perché la mancata scelta tra pressing e pressione ha creato una situazione ibrida che ha visto i rossoblù di Nicola non riuscire a fare né l’uno né l’altra. Discorso identico sul alto opposto con Beukema e questo passaggio tattico è stata la chiave per il cambio di inerzia della gara.
Un altro aspetto problematico si è visto con la disposizione difensiva sul gioco laterale del Bologna. La distanza tra il centrale di parte – nello specifico Palomino – e l’esterno basso – in questo caso Zappa – era molto ampia con la scelta di optare per diagonali lunghe e non corte. Il mezzo spazio di riferimento restava così aperto per gli inserimenti degli avversari, con Zortea che ha provato a dare una mano in tal senso senza riuscire a farlo con continuità, mentre Marin e Prati – impegnati sui due mediani – non scivolavano per occupare la zona vuota.
Una dinamica che non è accaduta soltanto sulle palle laterali nella trequarti offensiva del Bologna, ma anche quando il gioco si sviluppava più vicino alla metà campo. In questo caso addirittura si apriva il mezzo spazio per l’inserimento senza palla sul lungo, con Palomino che ha dovuto spesso e volentieri accorciare per ovviare all’assenza di un compagno nella copertura del mezzo spazio tra Zappa e il difensore argentino. In sostanza mentre il Bologna cercava di riempire tutti i cinque canali verticali, il Cagliari non riusciva a rispondere con la difesa dei corridoi, soprattutto quelli di destra e di sinistra tra terzino e centrale, i cosiddetti half space.
Ulteriori criticità figlie della scelta di Nicola di puntare sul duo Prati-Marin – scelta tecnica più che tattica e con risvolti negativi chiari – è stata la copertura della zona davanti alla difesa. Rimasta terra di conquista di Odgaard e dei tagli centrali di Ndoye soprattutto, con raramente Orsolini a svolgere movimenti simili a quelli del compagno svizzero. Palomino e ancora di più Luperto hanno provato ad accorciare, Zappa ha rotto la linea andando a seguire uomo su uomo il suo riferimento Ndoye, ma con la conseguenza di ancora più rischi nei mezzi spazi e nei recuperi palla alti del Bologna.
Come anticipato nella premessa la linea difensiva è stata sostanzialmente cambiata rispetto alle due gare precedenti. Non a cinque, ma a quattro, con Zappa sempre impegnato nel compito di rompere la linea seguendo Ndoye anche per vie centrali. Il doppio difensore mancino con Palomino e Luperto non ha funzionato alla perfezione, così come la gestione delle diagonali da parte di Obert non è stata delle migliori. Le diagonali sono state quasi sempre lunghe, la linea di copertura unica senza nessuno a staccarsi creando la seconda come spesso successo con Mina nel recente passato.
Eventi
Gli episodi che hanno portato alle due reti del Bologna sono l’espressione delle difficoltà tattiche generali. Dalla prima pressione e le rotazioni di Lucumí e Beukema nel secondo firmato Odgaard al mancato superamento delle linee avversarie con palla persa nella propria metà campo in quella del vantaggio siglato da Orsolini
Nel primo gol del Bologna il Cagliari vive quattro momenti di transizione, una prima difensiva con il recupero palla seguita da quella offensiva con Viola che prova a creare tra le linee, quindi una nuova transizione difensiva con l’errore del numero 10 che sbaglia l’appoggio e un’altra offensiva con Marin che ritrova il possesso e prova a servire in verticale in velocità Gaetano. In questo momento si possono notare Luperto distante da Castro e Obert che inizia la corsa in avanti per proporsi come opzione di scarico laterale. Persa palla per l’errore di misura del romeno, ecco che Orsolini è libero dal controllo dello slovacco e Castro ha spazio per attrirare Luperto e creare le condizioni per la verticalizzazione.
La seconda rete nasce invece dal movimento già analizzato di uno dei centrali difensivi – in questo caso Lucumí – che passa da difensore a costruttore-invasore. Il colombiano scarica sulla sinistra e va dritto per dritto ad attaccare lo spazio alle spalle di Zortea, mentre Viola – forse pensando a una scalata – lo lascia passare senza proseguire la marcatura. Prati, che sarebbe l’uomo più indiziato a prendersi cura del difensore colombiano, resta sulle sue e di conseguenza visto il ritardo va a coprire la zona centrale della mediana a supporto di Marin. Una volta che Lucumí si presenta nella zona corta dell’area di rigore, ecco che il romeno non accorcia su Odgaard, lasciando lo spazio che ha permesso al trequartista del Bologna di calciare dalla distanza. Non vanno eliminate in entrambi i gol le responsabilità di Scuffet, nel primo debole con le mani e nel secondo lento e impacciato nell’andare a terra in tuffo sul suo palo.
Matteo Zizola