Le partite sono spesso decise da dettagli, un luogo comune che in quanto tale ha un fondo di verità. Momenti nei quali una scelta – che sia essa collettiva o individuale, del singolo o dell’allenatore – determina il tutto, con una sorta di effetto domino che crea il risultato finale. La sconfitta del Cagliari contro l’Udinese per 2-0 non può essere analizzata sulla base del solo punteggio, come d’altronde non dovrebbe mai essere dal punto di vista tattico. Proprio per questo motivo, a prescindere dal risultato finale, definire negativa la prestazione dei rossoblù di Davide Nicola non è un giudizio figlio della sconfitta nei numeri, quando nell’analisi della gara in quanto tale.
Bisogna giocoforza partire da un presupposto, ossia che c’è stata una partita prima del ventinovesimo minuto e una successiva alla sliding doors rappresentata dall’espulsione per doppia ammonizione di Makoumbou. Però, allo stesso tempo, il Cagliari visto nella prima mezz’ora di gioco non aveva comunque convinto, nonostante la filosofia di base sia stata la stessa vista anche nella precedente sfida contro il Torino vinta per 3-2 alla Unipol Domus. La differenza sostanziale, dunque, va ricercata negli interpreti e, gioco di parole, nell’interpretazione data dai singoli delle richieste di Nicola. Che, però, è artefice delle scelte di formazione, nella consapevolezza che Azzi non ha le stesse caratteristiche di Zortea, Marin non ha quelle di Luvumbo e Gaetano quelle di Viola. Nel bene e nel male.
Fase offensiva
Come accaduto contro il Torino, il Cagliari ha optato per il 3-5-1-1 come tattica di base. La fase offensiva si trasformava in un 4-3-2-1 mentre quella difensiva in un 5-3-1-1 grazie ai differenti compiti di Zappa e Azzi, con il primo che passava da braccetto di destra a terzino tra non possesso e possesso, mentre Azzi – pur se largo anche in fase offensiva – faceva una sorta di elastico tra la posizione di quinto in non possesso e di supporto a Gaetano in possesso.
Inizialmente i rossoblù di Nicola hanno provato a mettere in campo la stessa costruzione vista contro il Torino, con Makoumbou e Adopo a supportare la linea a quattro di difesa in un classico 4+2. Le difficoltà di Marin a eseguire lo stesso lavoro di Luvumbo hanno portato il tecnico piemontese a sterzare su un 4+1 che è presto diventato la costante fino all’espulsione dell’ex Maribor. Con Marin e Adopo più invasori che costruttori, e la fase di uscita lasciata al solo Makoumbou come supporto ai quattro difensori. Come accaduto contro il Torino e anche nelle precedenti gare, lo sfogo maggiore della manovra era sul lato destro, con Zappa – non a caso prima di Udine il giocatore con il più alto numero di passaggi chiave effettuati nella rosa rossoblù – quasi regista difensivo occulto. Al braccetto-terzino destro il compito di superare la prima linea di pressione o cercando proprio Makoumbou o andando alle combinazioni laterali.
Proprio l’utilizzo della fascia destra del campo è stata un’altra costante rispetto alla prima parte di stagione del Cagliari. Non con Viola come contro il Torino, ma con Gaetano. Non con Zortea, ma con Azzi. Un triangolo “virtuale” che vedeva Zappa far partire la giocata con lo scarico sull’esterno di parte Azzi e la successiva sovrapposizione sia interna che esterna, seguito da Gaetano a supporto nella zona di rifinitura in ampiezza e la densità che si veniva a creare come arma per creare un’area nel mezzo spazio sinistro della difesa dell’Udinese che sarebbe dovuto essere terra di conquista dei tagli di Piccoli. A questo triangolo si aggiungeva come opzione di scarico o di copertura l’interno di parte, ossia Adopo.
Come già visto nelle gare giocate in precedenza, la zona tra la linea difensiva e il centrocampo dei padroni di casa – la cosiddetta zona di rifinitura per il Cagliari – non è stata quella maggiormente sfruttata dai rossoblù. Gaetano ha provato a prenderne possesso, ma le rare volte che è stato cercato e trovato non è riuscito a incidere come sperato da Nicola. Nemmeno Marin e Adopo sono stati in grado di inserirsi partendo da più lontano, andando ad attaccare i mezzi spazi solo in poche occasioni e senza mai dare l’idea di essere in giornata.
La partita di Udine non ha visto una squadra particolarmente propositiva, tutt’altro. Non tanto per una questione meramente tattica, quanto per un’attitudine alla protezione stimolata anche da un avversario ben raccolto, bravo nell’occupare gli spazi centrali e fisicamente superiore in ogni reparto. Le poche volte che il Cagliari ha provato ad andare alle spalle della linea difensiva dell’Udinese lo ha fatto con incursioni verticali senza palla di Gaetano o con il tentativo di servire proprio l’ex Napoli in rifinitura con Piccoli pronto ad attaccare la linea avversaria, ma senza praticamente mai ricevere palla per la scarsa vena del compagno dal punto di vista prettamente tecnico. Anche nelle transizioni offensive i rossoblù non sono stati efficaci come in altre occasioni, tra l’assenza di giocatori rapidi nell’attaccare la profondità e una difficoltà d’interpretazione della sfida in chiave offensiva. Ancora una volta, va detto, non solo quando in inferiorità numerica, anzi. Perché se si vuole la ripresa ha visto una squadra capace di produrre qualcosa in più rispetto alla prima mezz’ora undici contro undici.
Fase Difensiva
Restando su quanto visto nella prima mezz’ora, unica parte di gara valida per un’analisi completa dal punto di vista tattico vista la parità numerica, il Cagliari ha scelto una prima pressione del tutto simile a quella vista contro il Torino. I due interni di centrocampo – Adopo a destra e Marin a sinistra, tranne un piccolo scorcio di gara nei quali si sono invertiti – operavano una pressione sui due braccetti della difesa a tre dell’Udinese, il primo su Touré e il secondo su Kabasele. Centralmente Piccoli e Gaetano si sono divisi tra Bijol – preso in carico dal centravanti – e Karlstrom, sul quale si posizionava il trequartista ex Napoli. Pressione e non pressing, perché l’obiettivo dei rossoblù sia nella costruzione dell’Udinese sia nelle transizioni difensive non era portare un’aggressione forte, bensì preoccuparsi di chiudere linea di passaggio centrali abbassandosi il più possibile dietro la linea della palla. In alcune circostanze, non comunque definibili come costanti, i padroni di casa provavano a scambiare la posizione di Bijol e Karlstrom, con il regista che si posizionava tra i due braccetti e il centrale che andava ad occupare la zona mediana, ma senza che Gaetano e Piccoli scalassero, al contrario con i due rossoblù che seguivano comunque a distanza i rispettivi uomini iniziali.
Come accaduto contro il Torino, anche contro l’Udinese la zona davanti alla difesa è stata consegnata a Makoumbou, con compiti da equilibratore e di protezione della retroguardia nell’area di rifinitura dei bianconeri. Uno spazio ampio, nel quale sono emerse le differenze di fisicità con gli avversari. Come contro i granata anche allo stadio Friuli l’ex Maribor non si è limitato alla semplice copertura dello spazio centrale tra le linee, ma all’occorenza andava a supportare anche all’interno della linea difensiva quando si apriva il mezzo spazio tra quinto e braccetto, sia a destra che soprattutto a sinistra.
La retroguardia, guidata centralmente da Mina, era disposta con cinque uomini con Azzi a destra e Augello a sinistra come quinti. La linea, quando la palla era in possesso dell’Udinese nelle zone laterali, optava non per diagonali corte, bensì per diagonali lunghe con i braccetti di parte attenti sull’uomo più che sulla copertura e uno spazio tra loro e il quinto abbastanza ampio. La scelta, probabilmente, ha seguito le caratteristiche di un’Udinese che difficilmente con i suoi interni andava ad attaccare i mezzi spazi, anche se Payero e Lovric hanno provato in alcune occasioni a farlo. Con, come detto, Makoumbou a fare da supporto anche troppo spesso, perdendo così in lucidità e creando i presupposti per il secondo giallo.
Nuovamente la linea difensiva aveva soltanto un giocatore chiamato a seguire l’attaccante di riferimento anche quando questi si abbassava per partecipare alla costruzione del gioco sia in rifinitura che più indietro. Che fosse Davis, più spesso, o Lucca, più raramente, Zappa era l’uomo designato alla rottura della linea, con Adopo chiamato a scivolare alle sue spalle. Una costante che si era già vista contro il Torino e che si è ripetuta a Udine.
Eventi
A cambiare le carte in tavola di una gara fino a quel momento bloccata e povera di occasioni reali ci ha pensato Makoumbou con il secondo giallo dopo appena ventinove minuti di gioco.
Situazione che nasce da un calcio d’angolo per il Cagliari dal quale l’Udinese parte in contropiede con Payero in conduzione. Azzi è ultimo uomo a metà campo, Makoumbou il supporto appena fuori area friulana. Ed è qui che oltre all’errore del nazionale congolese si può chiamare in causa anche Nicola. Perché che l’unico giocatore ammonito tra i rossoblù sia stato chiamato a svolgere quel tipo di lavoro di transizione difensiva ha creato i presupposti per la frittata. Date quel tipo di compito a un elemento gravato di un giallo è stato, fondamentalmente, una scelta infelice, uno di quei dettagli che fanno la differenza citato in apertura. Così come il gol del vantaggio dei bianconeri è nato su sviluppo di azione d’angolo con il Cagliari che ha effettuato il cambio Deiola-Gaetano prima della battuta del corner, un’atra decisione che difficilmente si vede – a meno di infortuni – sui campi di Serie A. Modificare in quei frangenti la squadra nei suoi elementi può creare una confusione momentanea che si può pagare, come effettivamente successo. Il ritardo nell’uscita su Kamara, la disposizione di Adopo assieme a Mina e Luperto, ma anche – ovviamente – una giocata tecnica dell’esterno protagonista dell’assist che rientra nella bravura degli avversari più che nelle colpe dei singoli.
La rete che ha chiuso definitivamente la partita nasce da una costruzione di Zappa verso Luvumbo e dal successivo anticipo di Touré sull’attaccante angolano. Questo osservando soltanto la zona del pallone, perché se si apre la visuale su ciò che accade nella difesa rossoblù si scopre che mancano completamente non tanto le marcature, quanto le coperture preventive. È normale che sia Mina che Luperto a inizio giocata diano opzioni di scarico, il primo a Zappa e il secondo al colombiano in caso di giro palla, meno corretto che entrambi non abbiano la giusta reattività nell’andare ad accorciare una volta partito il pallone in verticale verso Luvumbo. È infatti indicativa la seconda immagine, nella quale si può notare che con Touré già in possesso Luperto è ancora aperto, mentre Mina è addirittura fuori dal quadro a una distanza enorme da Davis. Dettagli, ancora una volta, che hanno fatto la differenza in una sfida nella quale l’Udinese è riuscita a vincere bene, ma senza fare uno sforzo estremo e senza una quantità di occasioni nitide elevata.
Matteo Zizola