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L’Analisi | Centrocampo e fattore nordico: Ranieri perde la sfida contro Gilardino

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Un vento freddo dal nord che si è abbattuto su Marassi e sul Cagliari di Claudio Ranieri. Un vento freddo rappresentato dai tre uomini chiave che hanno determinato il risultato finale della sfida dei rossoblù contro il Genoa, il norvegese Thorsby, il danese Frendrup e l’islandese Gudmundsson. È tutta qui la chiave tattica del Monday Night di Serie A, un 3-0 senza appello per i padroni di casa che ha riportato indietro di settimane Deiola e compagni.

Dove si vince (o si perde)
Ranieri ha sorpreso tra assenze forzate e scelte che hanno lasciato più di un dubbio. Senza Mina, Dossena e Luvumbo la situazione per il Cagliari era già complessa, con il centrocampo reinventato – fuori Makoumbou, Sulemana e Nández – e un Oristanio in condizioni deficitarie il resto è stato una logica conseguenza. Con responsabilità di Sir Claudio nel non reagire alle indicazioni dei primi venti minuti, soprattutto alla voce inferiorità numerica in mezzo al campo a fare da crocevia tra una partita tirata e quella vista nella realtà, ossia senza appello.

Il 3-4-3 (o 5-2-3 che si voglia) messo in campo da Ranieri ha visto non tanto – o non solo – nelle scelte degli uomini la causa della debacle. Già nella prima rete siglata da Thorsby è risultata evidente la difficoltà nel gestire i movimenti senza palla degli avversari, su tutti il numero 2 norvegese e il collega danese con la maglia 32. Senza contare l’uomo più pericoloso per definizione, quel Gudmundsson che muovendosi tra le linee in totale libertà ha creato le situazioni per gli inserimenti dei due compagni.

La rete del vantaggio del Genoa nasce da un’uscita leggera di Prati che perde palla nella propria trequarti. Il possesso viene spostato dagli uomini di Gilardino sulla fascia destra dove Sabelli ha spazio e tempo per il cross. Da notare l’atteggiamento passivo di Oristanio, richiamato anche da Gaetano, con Frendrup che è libero tra le linee e pronto a raccogliere un’eventuale respinta. In mezzo all’area il movimento di Retegui crea lo spazio per l’inserimento di Thorsby tra Wieteska e Hatzidiakos, con quest’ultimo poco reattivo nello stringere verso il compagno polacco.

Mezzi spazi e sinistra
Una volta passato in vantaggio il Genoa continua a sfruttare le debolezze del Cagliari nella zona nevralgica del campo. Gilardino trova nella propria corsia mancina il terreno di conquista grazie a Vasquez che dà supporto a Martin, con Gudmundsson e Frendrup a scegliere lo stesso lato per creare densità e superiorità numerica laterale.

Il fantasista islandese esce dall’area di propria competenza per trascinare a sé Prati, movimento che crea uno spazio centrale enorme nel quale si butta senza palla Badelj senza che Oristanio abbia la reattività necessaria per coprire l’ex Fiorentina. Si crea così un quattro contro tre nella zona sinistra d’attacco del Genoa, con Di Pardo piuttosto statico e lento nel leggere il pericolo. La linea di passaggio tra lui e Hatzidiakos è aperta ed è lì che Vasquez, senza particolare fatica, attende di ricevere la sfera dal compagno.

Accade così che il messicano è libero di essere servito da Badelj, mentre Frendrup esegue il movimento senza palla alle spalle di Gaetano. Il numero 70 del Cagliari è l’unico che prova ad andare oltre i propri compiti, aiutando la retroguardia e provando a compensare l’inferiorità numerica e a schermare l’ormai evidente triangolo lungo pronto a completarsi.

Quando Vasquez arriva dentro l’area indisturbato, con Di Pardo molle e Hatzidiakos confuso dal compagno poco reattivo, il duo Wieteska-Gaetano potrebbe comunque chiudere la linea di passaggio scontata che porterà il pallone dal messicano a Frendrup. Ma né il polacco – troppo basso ma comunque nella posizione corretta – né il napoletano – sacrificio sì, ma non completo – hanno la freddezza di muovere quel passo in più verso lo spazio che chiuderebbe l’assist verso il numero 32 del Genoa.

Fattore nordico
Ancora più emblematica l’azione che vede Retegui concludere sull’esterno della rete appena passata la mezz’ora. Nonostante gli evidenti segnali Ranieri sceglie di proseguire sulla strada impostata a monte, quindi con un Oristanio incapace di aiutare i compagni alle sue spalle e, soprattutto, con il duo di mediani Prati-Deiola lasciati alla deriva del centrocampo avversario.

I triangoli che dall’interno passano all’esterno per poi tornare dentro il campo sono la chiave del gioco del Genoa di Gilardino, grazie ai movimenti senza palla di Gudmundsson e soprattutto al lavoro di corsa verticale continua di Thorsby e Frendrup. Deiola e Prati non riescono a gestire le numerose situazioni che si creano, il terzo centrale – spesso Obert – è incapace di capire se accorciare o aspettare l’avversario di turno, Gaetano prova a sacrificarsi ma senza successo e con poche colpe per la fatica nell’inseguire. Il risultato è che al Genoa basta muovere il pallone con discreta velocità per trovare il buco tra le linee e verticalizzare assecondando i movimenti degli interni di centrocampo.

Cambiare per non cambiare
Anche il terzo gol firmato da Gudmundsson, con il Cagliari nel frattempo passato a quattro in difesa, è il riassunto degli errori in campo e in panchina. Ancora una volta un triangolo, ancora una volta lo spazio trovato tra le linee, ancora una volta la totale libertà degli interni e ancora una volta i movimenti senza palla a determinare.

L’azione si sviluppa sulla fascia sinistra d’attacco del Genoa, con i rossoblù di Ranieri che provano a chiudere lateralmente gli avversari con una maggiore densità rispetto alla prima frazione. Maggiore densità che, però, crea i presupposti per la libertà di Gudmundsson sulla trequarti, con Prati che sale in pressione e Nández che non scivola a coprire lo spazio libero lasciato dal compagno, così come Wieteska non accorcia – per certi versi giustamente – per non lasciare campo aperto alle proprie spalle.

Una volta trovata la linea di passaggio per l’islandese il gioco è fatto. Gudmundsson si gira e ha di fronte a sé una prateria per preparare la giocata, Frendrup nel frattempo esegue il movimento senza palla a chiudere il triangolo lungo, mentre Thorsby è liberissimo in orizzontale e Retegui chiama la verticale per giocare di sponda per l’inserimento di uno dei compagni. Obert è bravo nel leggere la situazione, meno nel provare a stoppare il pallone facendo in sostanza da pivot al posto dell’attaccante italo-argentino. Il resto è logica conseguenza, con Frendrup – sempre lui – a toccare per Gudmundsson e liberare il compagno davanti a Scuffet. L’ultimo dettaglio è offensivo: nessuna indicazione importante sul fronte della fase di possesso, con un Cagliari incapace di gestire il pallone e di creare pericoli sostanziali – tranne su palla inattiva con Deiola e nel finale con Azzi – sia per povertà tecnica che per carenze fisiche. La tattica è importante, ma se ogni duello viene vinto dagli avversari e così anche le seconde palle diventa complesso riuscire a portare a casa punti. E quando così accade una maggiore presenza in mezzo al campo può compensare il deficit ed è qui che risiede, a bocce ferme, il maggiore errore di Ranieri nella sfida alla lavagna contro Gilardino.

Matteo Zizola

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