I segnali arrivati dal pareggio di Bolzano, soprattutto dai primi trenta minuti della ripresa, si sono trasformati in un ritorno all’antico. Fabio Liverani non ha modificato la strada già tracciata in estate per il suo Cagliari, nemmeno contro il Pisa, raccogliendo così un pareggio che allunga il periodo di crisi rossoblù.
La solitudine del numero nove
Nel 2 a 2 di fronte al Sudtirol erano arrivate delle novità sostanziali. Dopo un primo tempo sulla stessa falsariga delle precedenti uscite – possesso palla sterile, Gianluca Lapadula solo in avanti, poca presenza nell’area avversaria – il secondo aveva visto un Cagliari diverso anche grazie ad alcune modifiche tattiche. Su tutte la vicinanza di Filippo Falco al centravanti, la libertà per Nahitan Nández di andare sull’esterno grazie allo spazio liberato dallo spostamento dell’ex Lecce e Stella Rossa, un Marko Rog più alto a supportare la trequarti offensiva.
Contro il Pisa la scelta di rilanciare Gastón Pereiro dal primo minuto, complice l’assenza per infortunio di Falco, sembrava una conferma di quanto visto nella ripresa di Bolzano. Al contrario Liverani ha optato per un canovaccio tattico identico a quello visto per gran parte del campionato, con il Tonga largo a destra e Rog largo a sinistra, quest’ultimo in un ruolo identico a quello svolto da Marco Mancosu fino all’assenza per i noti problemi fisici. Il risultato è stato un Lapadula nuovamente isolato, un Pereiro in difficoltà nell’entrare nel vivo del gioco e un Rog lontano parente del giocatore tutto strappi e verticalità.
Non è un caso che l’unica occasione capitata al centravanti rossoblù nella prima frazione – non considerando quella mancata davanti a Livieri in posizione di fuorigioco – sia capitata per un’iniziativa personale. Palla verticale, ma Lapadula solo contro i difensori avversari senza il dovuto supporto dei compagni, troppo distanti dalla zona offensiva.
Solo in un’altra occasione il Cagliari si è reso pericoloso dalle parti del portiere nerazzurro nella prima frazione di gioco. Ancora una volta non casuale, perché partendo dalla libertà di Nández sulla destra e dall’accentramento di Pereiro, fino ad arrivare all’inserimento in verticale senza palla di Alessandro Deiola, i rossoblù aprono lo spazio per creare il pericolo.
Il risultato è che quando il centrocampista uruguaiano mette in mezzo il pallone da destra verso il palo opposto, sono quattro i giocatori del Cagliari ad attaccare l’area di rigore. Il colpo di testa di Deiola da ottima posizione è una logica conseguenza di una scelta di giocata che, però, è stata un unicum in mezzo alla solite difficoltà offensive.
Nella ripresa le cose cambiano non appena il Cagliari si ritrova sotto di un gol. Gli ingressi di Luvumbo e Mancosu portano frizzantezza e imprevedibilità da un lato, maggiore equilibrio tattico dall’altro. Il resto lo fa un baricentro più alto, con l’occasione di Nicolas Viola che dimostra la maggiore presenza nell’area avversaria – sono sei i rossoblù che accompagnano l’azione – oltre il regista libero di arrivare fin dentro i sedici metri del Pisa.
Sugli scudi
Una delle poche note liete del pareggio contro gli uomini di Luca D’Angelo è stato senza dubbio Alessandro Di Pardo. Il terzino destro rossoblù ha abbinato attenzione e sacrificio nella fase di non possesso a una buona intesa con Nández sulla corsia quando chiamato a offendere.
Fin dal primo minuto l’apporto dell’ex Cosenza è apparso evidente. L’errore in impostazione di Deiola – a proposito di una costruzione ancora deficitaria – ha dato il via alla transizione del Pisa. La palla persa in uscita ha come conseguenza lo sbilanciamento della squadra, Carboni non può recuperare su Tramoni, Altare prova a distruggere l’azione avversaria con un fallo su Torregrossa senza riuscire nell’intento, Di Pardo è alto ma pronto al ripiegamento.
Quando la sfera arriva dalle parti di Radunovic si può apprezzare la corsa del classe ’99 in soccorso dei compagni. Sulla respinta del serbo è decisivo il suo intervento per evitare il facile tap-in di Torregrossa, con una copertura frutto di freschezza fisica ma soprattutto mentale.
Al contrario sul lato opposto Carboni ha faticato in entrambe le fasi. Poca attenzione, poca soprattutto la reattività in ripiegamento. Un esempio l’occasione nel finale per Traorè, sventata da un pregevole intervento di Radunovic. Vero è che Deiola è il primo a lasciarsi scappare l’avversario, attenzione massima sul pallone e nessuna sul centrocampista nerazzurro. Ma è altrettanto vero che Carboni ha la piena visione del campo e dovrebbe chiudere lo spazio tra sé e Obert per disturbare l’inserimento di Traorè.
Patatrac Altare
Difficile aggiungere giudizi sulla giocata che ha portato al vantaggio del Pisa. L’errore macroscopico di Altare nel passaggio in direzione di Radunovic si descrive da solo. Resta comunque importante provare a capire cosa ha portato il difensore rossoblù alla giocata che ha favorito la rete di Morutan.
Di Pardo conduce palla centralmente, ma non trova lo spazio per scaricare in avanti o sull’esterno. Il terzino decide così di tornare su Altare per far ripartire l’azione, ma il difensore ha già deciso – a prescindere dalla situazione – di proseguire verso Radunovic. Nell’immagine si possono notare tre dettagli. Altare è concentrato soltanto sul pallone, non alza mai lo sguardo per capire come giocarlo una volta ricevuto, il tutto nonostante ci sia il tempo per pensare. Il secondo è che l’ex Olbia avrebbe altre due opzioni oltre il passaggio verso il proprio portiere, la prima il taglio verso la fascia sinistra dove Carboni è libero di ricevere senza che nessuno del Pisa copra la linea del lancio: la seconda lo scarico su Nández a destra, con il León che si muove in ripiegamento per aiutare il compagno. Il terzo dettaglio è la scelta di Morutan che, capito in anticipo cosa farà Altare, si butta verso la zona tra il difensore e il portiere rossoblù.
Quando Altare si prepara alla giocata all’indietro si sarebbe un’altra opzione di giocata. Morutan, infatti, per andare verso il possibile retropassaggio, libera lo spazio per un passaggio a Capradossi. Altare, però, ha già deciso il da farsi e tutto ciò che avviene intorno a lui diventa un semplice contorno. A dimostrazione che a parte l’errore individuale in sé è l’aspetto mentale a fare la differenza. La famosa costruzione dal basso, schemi predefiniti, le qualità dei singoli che portano a situazioni non casuali.
Matteo Zizola