Lasciate a se stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio. Uno dei corollari della legge di Murphy descrive quanto successo nella sconfitta – o meglio, disfatta – del Cagliari contro il Venezia. Il punteggio di uno a quattro è solo uno degli aspetti che possono spiegare una debacle tecnica, fisica e tattica tanto pesante quanto inattesa.
Pochezza e limiti
Il gol del vantaggio siglato da Marco Mancosu su punizione aveva di fatto illuso. Di fronte a un Venezia compatto e scolastico, il rossoblù di Liverani hanno messo la polvere sotto il tappeto con la rete del numero 8, dopo che i Lagunari avevano fallito diverse occasioni mettendo a nudo i limiti di una squadra apparsa confusionaria e senza un vero piano tattico.
Pochi, pochissimi gli aspetti positivi nonostante il vantaggio. Un Cagliari che solo a sprazzi ha provato ad aggredire gli avversari, come in occasione del tiro dalla distanza di Nández. Poca continuità nella pressione alta, eppure le chance per i rossoblù sono arrivate quando il Venezia è stato chiuso con più uomini, come nella situazione che ha portato alla conclusione del León.
L’esempio lampante dei problemi degli uomini di Liverani è arrivato nella ripresa, quando uno strappo sempre del solito Mancosu si è concluso con un passaggio impreciso per Pavoletti. Non tanto l’errore tecnico, quando l’assenza di supporto alla ripartenza da parte di più giocatori a determinare la poca pericolosità nella trequarti offensiva.
A chiudere il cerchio dei problemi alla voce sviluppo del gioco, una delle prime occasioni capitate al Venezia racconta tanto delle scelte di Liverani che li hanno determinati. Rog viene pressato sul lato sinistro della difesa rossoblù, in mezzo al campo l’ampio spazio non vede nessun centrocampista del Cagliari farsi trovare libero per aiutare il compagno nello sviluppo della manovra. E qui entra in gioco la decisione di schierare una mediana con il solo croato capace di giocare il pallone, mentre Deiola e Nández sono risultati incapaci di dare manforte alla costruzione come da loro caratteristiche. Con l’idea di fare possesso, non avere in campo contemporaneamente né Makoumbou né Viola – oltre ad aver scelto come interno il León e non Mancosu – ha permesso al Venezia di avere vita facile nel controllare lo sviluppo dal basso dei rossoblù.
Soliti errori
Un Cagliari che, se possibile, è riuscito a compiere un passo indietro rispetto alla già deficitaria prestazione contro il Bari. Piuttosto che mostrare miglioramenti, anche la fase difensiva ha messo in luce problemi ormai atavici.
La coppia Goldaniga-Altare, peraltro poco aiutata da centrocampo ed esterni di difesa, ha patito e non poco gli attacchi del Venezia. Sia palla a terra che sui palloni lunghi, con il centrale l’ex Olbia vera nota dolente della retroguardia. L’occasione che ha portato al palo colpito da Pohjanpalo evidenzia senza alcun dubbio un errore che è ormai una costante per Altare. Palla lunga dalle retrovie, occhi soltanto sulla sfera e non sull’uomo, spizzata di Novakovich facilmente leggibile e il difensore rossoblù che si lascia scappare l’avversario senza chiudere alle spalle del compagno di reparto.
Prima volta
Il Cagliari di Liverani nelle prime sei giornate sembrava aver sistemato un dettaglio che in passato era una delle più grandi difficoltà a livello difensivo. Nessun gol subito su azione da palla inattiva, finché a inizio ripresa Pohjanpalo ha colpito su giocata da calcio d’angolo.
Corner che nasce da un errore clamoroso di Zappa ed è proprio il terzino ex Pescara a farsi sorprendere dal finlandese nel successivo cross dalla bandierina. I rossoblù, schierati a zona mista – uomo su uomo più due uomini liberi per attaccare la sfera – mostrano un mismatch fisico evidente. L’accoppiamento Zappa-Pohjanpalo non dei migliori – eufemismo – ma a sorprendere è che in una squadra con pochi saltatori, a restare liberi da compiti di marcatura sono due tra gli elementi più fisici del gruppo. Pavoletti e Makoumbou, infatti, coprono la zona del primo palo, mentre uno degli avversari più pericolosi è seguito da uno dei saltatori più deficitari tra i rossoblù.
Cuore e ostacoli
In una partita può accadere di avere dei passaggi a vuoto, ma ciò che non può mancare è la voglia di superarli con determinazione. I gol di Cheryshev dimostrano un atteggiamento remissivo di una squadra mentalmente a terra, incapace di reagire e di buttare il classico cuore oltre l’ostacolo.
L’azione che porta al gol del due a uno per il Venezia nasce da un infortunio abbastanza grossolano di Altare in impostazione, ma nonostante ciò ci sarebbe il tempo per recuperare e difendere la porta di Radunovic. I Lagunari sono sì lanciati in ripartenza rapida, ma il Cagliari può ancora contare sugli uno contro uno. Il problema, però, si pone subito dopo e resta da capire se si sia trattato di deficit fisico o mentale.
Dopo la parata di Radunovic, premessa al tap-in di Cheryshev, si può notare come da un generale uno contro uno il Venezia sia arrivato a una netta superiorità numerica. Tanti, troppi rossoblù si fermano, spettatori quasi disinteressati che non riescono a trovare la spinta per salvare il salvabile.
Ancora più eclatante quanto accade sul gol del tre a uno per i neroverdi, quando basta una rimpallo rocambolesco a centro area per far saltare una superiorità numerica netta a inizio azione. Quando il pallone arriva tra i piedi di Cheryshev nessuno reagisce, nessuno prova a immolarsi, il solo Makoumbou diventa l’ultimo alfiere in aiuto a Radunovic senza poter fare altro che guardare il pallone finire in rete.
Matteo Zizola