Una partita folle quella tra Cagliari e Parma valida per le semifinali dei playoff di Serie B. Prima il doppio vantaggio della squadra di Fabio Pecchia, poi la rimonta e il sorpasso degli uomini di Claudio Ranieri. Come spesso capita in gare di questo tipo non sono mancate le polemiche, su tutte quella per il rigore fischiato in favore dei rossoblù per fallo di Mihaila su Luvumbo e poi realizzato da Lapadula per il momentaneo 2-2.
Tra regolamento e leggende
La discussione aperta dal direttore sportivo del Parma Mauro Pederzoli, che nel post partita ha recriminato per lo svolgimento dell’azione che ha portato al tiro dagli undici metri per il Cagliari, ha alimentato le polemiche in vista del match di ritorno di sabato 3 giugno alle 20 e 30 al Tardini. Non tanto per il contatto che ha determinato il rigore, quanto per ciò che è avvenuto pochi istanti prima al centro dell’area di rigore gialloblù. Sul pallone messo in mezzo dalla destra da Goldaniga, infatti, Lapadula salta assieme al portiere dei Ducali Chichizola che respinge con il pugno. Per gli ospiti il numero 9 del Cagliari avrebbe conteso la sfera all’estremo difensore avversario in maniera irregolare, ma – dopo un consulto con il VAR Nasca – l’arbitro Colombo ha confermato la decisione presa in campo. Due i temi regolamentari sull’azione in esame e la relativa decisione del fischietto della sezione di Como, temi che aiutano a togliere dal campo alcune leggende metropolitane sulla peculiarità del portiere e, ancora una volta, sull’utilizzo del VAR.
Ancora una volta è la Regola 12 del Regolamento del Gioco del Calcio a venire in aiuto per capire perché Colombo non abbia ritenuto da punire il contatto tra Lapadula e Chichizola. A pagina 91, infatti, si legge che “si considera che un portiere abbia il controllo del pallone con la/le mano/i quando il pallone è tra le sue mani o tra la mano e una superficie qualsiasi (ad esempio il terreno, il proprio corpo) o toccandolo con qualsiasi parte delle mani o delle braccia, salvo che il pallone non rimbalzi dal portiere o questi abbia effettuato una parata; oppure quando tiene il pallone sulla mano aperta; oppure quando fa rimbalzare il pallone sul terreno di gioco e lo lancia in aria. Quando il portiere ha il controllo del pallone con la/le mano/i non può essere contrastato da un avversario“. Al momento del contatto con Lapadula si può considerare che Chichizola abbia il “controllo del pallone”? La risposta a questa domanda spiega la ragione sostanziale del mancato intervento di Colombo. A questo si aggiunga quanto riportato nella Guida Pratica AIA (Regolamento del Gioco del Calcio, pagina 101), nella quale al punto 7 la domanda è chiara: “Un calciatore per la contesa del pallone viene a contatto con il portiere avversario, che si trova nella propria area di porta. Ciò è permesso?”. E la risposta spiega nuovamente perché – correttamente – il fischietto comasco non abbia deciso per la punizione in favore del Parma: “La contesa per il possesso del pallone è consentita. Un calciatore sarà punito soltanto se nel contrasto salta addosso al portiere, lo carica o lo spinge in modo negligente, imprudente o con vigoria sproporzionata“. Lapadula non salta addosso al portiere ma in direzione verticale, non lo carica né tantomeno lo spinge in maniera imprudente, né in maniera negligente o con vigoria sproporzionata. Ed entra in gioco così l’aspetto mediatico, difficile da modificare dopo che per tanto tempo si è parlato erroneamente di una condizione speciale del portiere all’interno dell’area di porta e di quella di rigore. L’estremo difensore, infatti, è un giocatore come gli altri, nessuna differenza è espressa nel regolamento, in nessuna parte si trova una dicitura – nemmeno simile – a prevedere il fallo qualora l’estremo difensore venga anche solo toccato nel tentativo di recuperare la sfera.
Ciò che stupisce maggiormente delle polemiche post partita non è tanto la discussione sull’episodio in sé. Una situazione che si presta a differenti interpretazioni e che – legittimamente – può essere considerata come errore di Colombo sia per la “carica” di Lapadula su Chichizola sia per il contatto tra Mihaila e Luvumbo. Errore, ma non chiaro ed evidente proprio perché materia interpretativa e, dunque, per definizione fuori dalla sfera di competenza del VAR. Qualora Colombo avesse fischiato il fallo del numero nove rossoblù dopo che – per ipotesi – un giocatore del Cagliari avesse messo la palla in rete, anche in questo caso il VAR Nasca non avrebbe potuto richiamare il direttore di gara alla On Field Review. Identico discorso per il fallo dell’attaccante romeno sul numero 77 rossoblù, con il contatto che c’è e con la valutazione dell’intensità che resta materia dell’arbitro in campo. Anche in questo episodio se Colombo avesse deciso di non assegnare il tiro dagli undici metri ai padroni di casa il VAR non avrebbe potuto fare altro che confermare la decisione. Comprensibile dunque la rabbia del Parma e del direttore sportivo Pederzoli, meno il contenuto e la motivazione della stessa. I classici episodi border line sui quali l’arbitro può avere comunque ragione, motivo per il quale il VAR non può e non deve intervenire non essendoci chiarezza sostanziale di una o più decisioni errate.
Matteo Zizola