Lunga chiacchierata con il direttore di Deloitte Monitor, azienda leader nel campo delle consulenze, che ha curato il piano economico finanziario e il piano industriale nel progetto per il nuovo stadio del Cagliari.
Uno studio di sei mesi che ha portato alla creazione del piano economico e finanziario e di quello industriale per il progetto del nuovo stadio del Cagliari, con parole chiave come sostenibilità, innovazione e contributo allo sviluppo del territorio. È quanto portato avanti da Deloitte Monitor, practice Strategy di Deloitte Consulting, leader mondiale nel campo della consulenza per affiancare la società presieduta da Tommaso Giulini nell’ambiziosa impresa di costruire una nuova arena per i colori rossoblù. Abbiamo intervistato il direttore di Deloitte Monitor, Luigi Capitanio, con cui abbiamo fatto un excursus sul “progetto Cagliari” e sulle logiche di sviluppo dei ricavi che stanno alla base della ricerca di Deloitte. E, soprattutto, per cercare di capire meglio le logiche che spingono un club il Cagliari a voler costruire un nuovo stadio, tema al centro del dibattito politico cittadino negli ultimi mesi.
Dottor Capitanio, il vostro studio “Deloitte Football Money League”, pubblicato a gennaio, da anni analizza i principali campionati europei usando come parametri per l’analisi i ricavi provenienti da tre settori: commerciale, broadcast e matchday. “Per aumentare i ricavi bisogna essere in grado di intercettare il cambio di aspettative di tifosi, partner e giocatori, cercando di massimizzare i flussi di entrate su cui il club ha maggiore controllo”. A riguardo, il PSG è al 5° posto generale, con ricavi per 636 milioni di euro. Il tutto nonostante i diritti tv pesino “solo” per il 25 per cento sul totale. È frutto del fatto che il restante 75 sia riconducibile ai famosi flussi di maggiore controllo? È questa la situazione da usare come modello anche in Italia?
Analizziamo la situazione del calcio italiano: se prendiamo a riferimento l’ultima stagione, come negli anni passati è evidente che siamo di fronte a una Serie A in cui i ricavi sono concentrati su fonti controllate indirettamente dai Club. In particolare in Italia abbiamo un forte legame con i ricavi da broadcasting, rispetto agli introiti commerciali e da match-day, tendenza che penso debba necessariamente invertita nei prossimi anni per dare maggiore stabilità ai conti economici delle squadre italiane seguendo un trend già in atto nel contesto internazionale. In Italia il circa 60 per cento dei ricavi dei club deriva dal broadcasting, un dato simile a quanto si può vedere in altre leghe come la Premier League, che ha una componente ancor più rilevante rispetto all’Italia. In Bundesliga, che è sempre più tra i campionati maggiormente confrontabili col nostro, troviamo che i ricavi da broadcasting hanno un peso del 34 per cento sul totale, mentre quelli da match-day raggiungono il 20 (in Spagna siamo al 19 per cento), ossia quasi dieci punti di distanza dalla Serie A. Ritengo che la situazione italiana derivi in larga misura dallo stato dell’arte degli Stadi che rende più difficile estrapolare maggiori ricavi dal match-day: avendo stadi con capacità inferiore di attrarre tifosi e sostanzialmente limitata ad un solo giorno della settimana è difficile riproporre quanto avviene negli altri paesi.
La strategia delineata per il Cagliari Calcio consiste nel far diventare lo stadio un luogo da vivere non solo nel giorno della partita, ma pure durante la settimana, moltiplicando per sette la possibilità di essere una fonte di ricavo. A questo beneficio ne va aggiunto un altro, ossia quello legato ai ricavi da sponsor: di fronte ad arene di prestigio, moderne ed esempi di innovazione, anche questa componente può avere una crescita. Tutto ciò potrebbe favorire una spinta al rinnovo infrastrutturale, sia che si parli di costruzioni ex novo o di restyling, contribuendo a diminuire il gap con gli altri paesi.
Capitolo sponsor e incidenza sugli introiti di tipo commerciale: quanto e come il calcio che riparte può essere un’opportunità per aziende in cerca di visibilità, in tempi di Covid-19? E quanto potrà esserlo lo stadio nuovo, magari con la cessione del nome dello stadio, in stile Juventus…
Il caso Juventus Stadium insegna: avere un’arena multi-funzionale e moderna diventa un asset attrattivo a tutti gli effetti, anche sul piano delle sponsorizzazioni. Cercando di semplificare al massimo, gli sponsor ragionano sul numero di persone che possono vedere il brand e per quanto tempo lo hanno a disposizione: con questa semplice moltiplicazione si trova il valore dell’investimento in sponsorizzazioni. Quindi un club con uno stadio al passo con i tempi riesce a suscitare un maggiore interesse da parte degli sponsor, con ricadute positive anche sugli altri asset, come la visibilità dei propri calciatori, le magliette che indossano durante il match o il materiale tecnico per gli allenamenti: con lo stadio si completa quindi la piattaforma su cui costruire i ricavi necessari per aumentare il grado di competitività del calcio italiano.
Monitor Deloitte ha lavorato per sei mesi al Piano Economico Finanziario e al Piano Industriale dello stadio nuovo: finora si è parlato di una spesa di circa 50 milioni di euro. Ma quanto costerà davvero lo stadio nuovo?
Confermo quanto affermato da Signorelli per quanto riguarda il budget, poi è ovvio che nel momento in cui si passa dalla fase di “pensiero” a quella realizzativa potrebbe essere necessario rivedere alcune stime, ma fondamentalmente la grandezza è quella. Rispetto alla sete di numeri che c’è ritengo che quando si fanno questi investimenti, quello che più conta non è il singolo numero ma la capacità di creare un’iniziativa sostenibile, dal punto di vista economico e finanziario ma anche in termini di impatto sociale e ambientale. Con questo impegno abbiamo elaborato il piano strategico per il Cagliari Calcio: piena sostenibilità economico-finanziaria e benefici per il territorio, tradotti per esempio in nuove opportunità di lavoro. Come Deloitte riteniamo imprescindibile anche questo secondo aspetto e fin da subito abbiamo sposato l’idea del presidente Giulini e del Cagliari sul concept del nuovo stadio, che rispecchia appieno la nostra filosofia “Impact for Italy”, che si pone come obiettivo quello di contribuire a far crescere e rendere più competitivo il Paese, attraverso le imprese e organizzazioni per le quali il nostro network lavora. L’idea di un impianto innovativo, unico nel panorama nazionale e internazionale, con un’alta connotazione nel contesto locale come quello di Cagliari e sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale, non poteva che ottenere fin da subito il nostro pieno allineamento.
Due anni di lavori, secondo le stime (ovviamente dopo l’aggiudicazione della gara pubblica per la realizzazione) con partenza tra fine 2020 e inizio 2021, per usare le parole dell’architetto Massimo Roj nell’intervista all’Unione Sarda. L’ormai ben nota rinuncia agli spazi commerciali quanto inciderà sul capitolo ricavi?
Gli spazi commerciali rappresentano un’interessante opportunità per questo tipo di investimenti, perché sono metri quadri che chi costruisce poi affitta o vende a terzi, diventando quindi fonte di ricavi extra. Questo è uno dei principi chiave nello sviluppo dei nuovi stadi, ma non penso che esista una regola applicabile per definizione. Occorre sempre contestualizzarla, perché possono esserci motivazioni di interesse collettivo che guidano scelte opposte. Nell’iniziativa del nuovo Stadio del Cagliari, per esempio, sono state fatte tutta una serie di considerazioni di più ampio respiro che hanno portato il Cagliari Calcio a decidere di non progettare spazi commerciali. Questo ha sicuramente un impatto economico per lo Stadio: da un lato ci sono minori costi di costruzione ma, dall’altro, non mettere a reddito uno spazio all’interno della struttura genera un mancato guadagno.
Tornando ai dati del vostro studio sul calcio europeo, nella Top 20 soltanto nel caso dell’Arsenal – che occupa l’11° posto in classifica – i dati dei ricavi da matchday sono superiori al 20% sul totale (25%, 109 mln). I Gunners hanno costruito l’Emirates Stadium da 60mila spettatori, costato 390 mln di sterline. Il Napoli, al 20°, introita “soltanto” 16 milioni come ricavi da matchday, giocando al San Paolo, non certo un esempio virtuoso di stadio moderno. Quanto è importante questa logica nel progetto dello stadio di Cagliari? Ipotizzando un piano di ammortamento e ritorno dell’investimento, in quanti anni si pensa di recuperare la spesa?
Come dicevamo prima, un’iniziativa del genere deve garantire la sostenibilità finanziaria ed economica e garantire un ritorno dell’investimento. Queste sono iniziative che richiedono un certo numero di anni per raggiungerlo, perché il costo si sostiene nell’immediato e ci vogliono più anni prima che sia a regime per generare tutti i ricavi attesi. Se guardiamo anche gli esempi citati, come quello dell’Arsenal, occorre considerare che le motivazioni e finalità che spingono i club a costruire nuovi stadi possono essere diverse: il mercato mostra iniziative nate come operazioni immobiliari e quindi sviluppate con logiche e destinazioni d’uso finalizzate a minimizzare il tempo necessario per il ritorno dell’investimento. Ci sono poi altre situazioni, con stadi costruiti nell’ottica di condividere con i diversi stakeholder tutto quello che la squadra rappresenta per una comunità. In questi casi, fermo restando l’imperativo della sostenibilità economico-finanziaria, la prerogativa di ottenere i ritorni dall’investimento double digit e nel breve termine può anche essere meno intensa.
“Bisognerebbe elevare l’esperienza dello stadio per competere con l’esperienza del divano”, si legge nel vostro studio. Tornare a rendere appetibile il match dal vivo (e tutto quello che “digitalmente” c’è intorno) è un ritorno al passato, ma con “lo sguardo dritto e aperto nel futuro”, come cantava Pierangelo Bertoli?
È esattamente questo il senso. Oggi il calcio italiano non vive la competizione con altri sport mentre deve affrontare il dilemma dei tifosi: vivere il match allo stadio contro il guardarlo comodamente da casa, sul divano, davanti a un bello schermo, senza dover fare i conti con gli agenti atmosferici, al sicuro insieme alla propria famiglia senza temere eventuali disordini etc. Potremmo dire che questo insieme di fattori è il vero competitor del guardare la partita allo stadio. In questo senso, dal mio punto di vista, i nuovi Stadi dovranno sfruttare la tecnologia nel miglior modo possibile per migliorare la fan experience ed essere sempre più sicuri, accessibili e attrattivi per tutte le tipologie di tifoso ma anche per i non appassionati di calcio. Bisogna trovare il giusto modo di rendere attrattiva l’arena per gli spettatori, dando loro qualcosa che dal divano non potrebbero avere: un’esperienza che combina le potenzialità delle nuove tecnologie con un’attività estremamente fisica come l’essere sugli spalti. L’insieme di queste due cose ci farà tornare nel passato, alla gioia e alla bellezza di andare allo stadio, con un’ottica futura: l’idea dello stadio di Cagliari è quella di un’arena molto innovativa, in cui il digitale sicuramente avrà un ruolo importante, per creare un’esperienza diversa da quella che una persona potrebbe avere a casa e che non è soltanto limitata ai 90 minuti della partita ma che, come minimo, deve partire fin dalle primissime ore del giorno della gara, forse anche la sera prima. Questo è un elemento che abbiamo inserito nel piano industriale del Cagliari Calcio: un’esperienza totale, il cui picco emozionale è la partita, ma che ti accompagna per tutta la settimana. L’idea è quella di assimilare tutto questo a un giorno di vacanza, come quando una famiglia visita un museo o va al parco acquatico: lo stadio deve diventare più di un’alternativa a tutto questo, con il digitale ad avere un ruolo fondamentale, ma in quanto calato e costruito per il territorio di riferimento, perché ogni contesto locale ha la sua specificità.
Sempre a livello di investimento, quanto “peserà” nelle vostre previsioni l’investimento del pubblico (quindi Comune e Regione)? Ci saranno altri investimenti privati oltre a quello del Cagliari Calcio?
Non posso entrare nel merito per ovvi doveri di riservatezza. Penso che tutti i progetti ambiziosi e che rappresentano un benchmark di mercato come quello del Cagliari Calcio possano essere molto attrattivi per qualunque tipo di soggetto, che sia uno sponsor o un investitore.
In conclusione: avete lavorato 6 mesi dietro questo “progetto” Cagliari, dovendo affrontare l’emergenza coronavirus che ha, giocoforza, inciso in tanti settori produttivi, calcio in primis. Lei è uno dei massimi esperti nel campo delle consulenze: se ci dovessimo risentire tra 6 mesi, che scenario si aspetta di descrivere, complice la “lezione” Covid-19? Se la sente di fare una previsione?
Fare delle previsioni in questo momento è molto complesso. Da una prospettiva complessiva, penso che la sfida dei prossimi mesi sarà convivere con lo stress economico che stanno vivendo tutti i Paesi del mondo e le pressioni emotive derivanti dalla paura del contagio. Per quanto riguarda il progetto del nuovo Stadio, da quello che ho visto finora mi aspetto un percorso in linea con ciò che è stato tracciato. Tra sei mesi mi aspetto quindi che ci siano stati passi avanti e nella direzione di quelli che sono stati definiti: ovviamente fermo restando l’ignoto, come insegna l’esperienza Covid-19, non però vedo motivi per cui questi non possano realizzarsi.
Francesco Aresu