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Cagliari | Punti, distanza, salvezza: il futuro di Nicola non dipende solo dal risultato

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La matematica non è un’opinione, un fatto incontrovertibile che però ha le sue eccezioni quando si parla di calcio. La classifica che conta sopra ogni altro aspetto, l’obiettivo prefissato da raggiungere, il punticino che può bastare nel quadro generale perché, in fondo, il risultato finale è l’unica cosa che resta negli annali. Poi, però, nel pallone che rotola esiste eccome anche l’aspetto soggettivo, quel uno più uno che non sempre fa due. È importante anche il modo in cui si raggiungono i traguardi, è importante il percorso, è importante il viaggio e non solo partenza e arrivo. È da queste premesse che si può e forse si deve valutare la stagione del Cagliari. Mancano cinque giornate, sì, ancora non si è raggiunto l’ultimo metro della corsa, ma tra matematica e opinione a vincere sembra poter essere la seconda. Anche grazie all’apporto proprio della matematica, curioso ma vero.

Calcoli e passato
Il calcio diventa una vera idiozia se tutto si riduce a vincere o perdere. Il calcio è giocare o non giocare, difendere un modo di essere o non difendere niente. Avere uno stile proprio o scommettere sul risultato sperando nella fortuna. In cosa credono gli amici del successo? Nel risultato, è evidente. A costoro suggerisco di andare allo stadio direttamente al novantesimo minuto e di guardare verso l’alto, dove di solito c’è il tabellone elettronico. Che gliene importa della partita? È il momento di verificare il risultato e scrivere la cronaca. Gloria al vincitore e bastonate allo sconfitto“. Questa massima di Jorge Valdano (prima calciatore e vincitore di un Mondiale con la nazionale argentina nel 1986, poi allenatore, quindi dirigente e infine anche scrittore) spiega perfettamente la diatriba tra chi guarda alla semplice matematica data dal risultato e chi, invece, mette attenzione anche – e a volte soltanto – all’idea di gioco. C’è poi un’altra fazione, esterna a entrambe, che è quella che spesso e volentieri ha trovato spazio dalle parti del Cagliari. Non solo guardare al proprio risultato o comunque all’obiettivo finale come unica stella polare a prescindere da tutto, ma arrivare a rendere fondamentali quelli altrui. Occhi sugli altri campi, occhi sulla distanza dalla zona rossa a prescindere dal proprio percorso, si può anche pareggiare o perfino perdere e il quadro generale, in fondo, può far sorridere. Come d’altronde avviene in questo finale di stagione in casa rossoblù. La sconfitta contro la Fiorentina è indolore, lo dicono i cinque punti in più sul terzultimo posto, la salvezza è alla portata, le partite perse sono nell’ordine delle cose per una squadra che lotta per la permanenza in Serie A. E quel come, così importante nelle battute d’arresto della prima metà di campionato – ché in fondo, giustamente, le prestazioni invitavano a essere ottimisti – sparisce dal tavolo oggi che la classifica sorride a prescindere per chi ha abbassato l’asticella delle aspettative e si accontenta di ciò che dirà il punteggio finale: salvezza sì uguale campionato positivo, salvezza no uguale fallimento e tutto il resto non conta.

Eppure quella matematica invocata per giustificare la ricerca quasi compulsiva dell’obiettivo salvezza, quei cinque punti di vantaggio sulla zona rossa, quei pareggi fondamentali che invitano chi storce il naso a turarselo e fare buon viso a cattivo gioco, quelle sconfitte che in fondo ci abbiamo provato, tutto questo diventa un boomerang se la stessa matematica viene utilizzata per fare confronti con il passato più o meno recente. Il Cagliari formato 2024-25 guidato da Nicola ha 30 punti, diciassettesimo posto, cinque di vantaggio sul terzultimo. Soltanto in due occasioni nei precedenti dieci campionati di Serie A i rossoblù hanno raccolto meno dopo 33 giornate, escludendo ovviamente i due tornei disputati in cadetteria (2022-23 e 2015-16). Caso vuole che in entrambi i casi il Cagliari chiuse con la retrocessione: 2014-15 quando dopo 33 turni aveva raccolto appena 24 punti e il 2021-22 quando i punti erano 28. Guardando a un discorso più generale, questa Serie A registra la terza peggiore classifica per la terzultima giunti a questo punto della stagione nei precedenti dieci tornei. Dal 2014-15, infatti, soltanto il Cagliari con 24 e il Crotone con altrettanti avevano fatto meno punti di Empoli e Venezia che occupano attualmente la diciottesima e la diciannovesima posizione con 25, mentre la Salernitana del 2021-22 aveva gli stessi punti e posizione dei toscani e dei lagunari. Coincidenza, o forse no, Nicola sedeva sulla panchina sia del Crotone che dei campani. Matematica che dunque dà una sentenza impossibile da respingere: in sette dei precedenti dieci tornei di Serie A il Cagliari attuale, con i suoi 30 punti, avrebbe tre lunghezze di vantaggio sulla zona rossa in un caso, due in due casi, uno soltanto in nuovamente due casi e, infine, in due stagioni sarebbe o appaiato al terzultimo posto oppure perfino diciottesimo da solo con la salvezza distante un punto. Per questo, in una stagione nata come quella del consolidamento e della crescita, la valutazione non può passare dai punti di vantaggio sulla zona rossa e tantomeno dal raggiungimento nudo e crudo della salvezza a prescindere da tutto. In questi due dettagli, infatti, incidono e non poco (come si è visto nel confronto con il passato) altre componenti che dipendono in minima parte se non in nessuna dal proprio percorso. A meno di non voler dare un valore positivo a calcoli che proprio Nicola ha rispedito al mittente come opzione sul tavolo nella preparazione e nello svolgimento delle partite.

Alla sbarra

La sconfitta contro la Fiorentina ha un peso differente rispetto a quello meramente connesso alla lotta salvezza. Perché la sfida contro i viola, visti anche i risultati già noti delle concorrenti prima del calcio d’inizio, era più importante per l’allenatore che per la squadra. Una sorta di prova del nove per valutare il futuro, a maggior ragione pensando alla libertà mentale di poter anche perdere senza intaccare il percorso generale. Sfruttare demeriti altrui per far crescere i propri, ma non per semplice speculazione, quanto per una reale crescita di prestazioni e di gioco. E anche per scelte coraggiose e, se si vuole, in un’ottica di futuro che punti più al domani che all’oggi e all’obiettivo a prescindere dal come. Testa libera, eppure per due gare di fila si è visto in campo Palomino prima per Luperto da titolare e poi per Mina dopo l’infortunio, ossia un elemento futuro svincolato a discapito di una propria risorsa che risponde al nome di Obert. Discorso simile per Coman che difficilmente sarà ancora in Sardegna tra due mesi (anche solo per un semplice discorso ingaggio), ma che comunque è stato messo davanti a Felici nelle rotazioni. O ancora la gestione dei dualismi, con giocatori quasi reietti che diventano protagonisti a discapito di chi da protagonista si trasforma in reietto. Il già citato Obert, che in fondo sarebbe un centrale di difesa ma che è diventato un’alternativa ad Augello (e viceversa), la coppia Prati-Makoumbou sulla quale l’unica certezza consolidata è che vederli insieme non s’ha da fare e che se si prova a valorizzare uno paga l’altro e così via, la gestione di Marin le cui ragioni diventano difficili da spiegare, la totale sparizione di Kingstone. E, infine, i cambi in corso d’opera: il Cagliari è tra le squadre che ha la percentuale maggiore di minutaggio dei subentrati in Serie A, ma allo stesso tempo ha spesso e volentieri lasciato l’idea di sostituzioni quasi prestabilite a monte a prescindere da ciò che si vedeva in campo. Tanto che contro la Fiorentina, con l’infortunio di Mina a far saltare il banco, si è assistito a scelte difficili da comprendere: nessun cambio all’intervallo per sistemare mediana e non “riguadagnare” lo slot perso con il colombiano, il classico Gaetano per Viola ma senza altri innesti contemporanei, la conseguenza di un unico slot rimasto per le tre sostituzioni possibili lasciando così gli ultimi 25 minuti più recupero senza la chance di modificare la rotta ulteriormente.

Il futuro si chiama Verona, con la sensazione che tutto dipenderà dalle altre concorrenti che giocheranno domenica 27, mentre per il Cagliari la gara arriverà lunedì 28 con la consapevolezza dei risultati di Empoli, Venezia e Lecce. E così il bivio sarà tra una sfida piena di fantasmi in caso di notizie negative dagli altri campi e una nuova occasione di giocare con testa libera e senza patemi. Un po’ come contro la Fiorentina quella contro l’Hellas potrebbe così essere una partita importante più per il futuro di Nicola che per quello in Serie A dei rossoblù. Un futuro, quello dell’allenatore piemontese, che al momento è più che incerto, con la bilancia che gara dopo gara sembra pendere ogni giorno di più verso l’addio. Nulla è stato deciso, ma ciò che si è visto nel 2025 non è di certo sinonimo di crescita e consolidamento, elementi sui quali verrà valutata la permanenza o meno di Nicola sulla panchina del Cagliari. Con altri fantasmi pronti a presentarsi dalle parti di Assemini. Nomi già sentiti in passato, nomi che profumano di futuro. Perché se da una parte l’obiettivo è quello della continuità come da parole di Nereo Bonato prima della gara contro la Fiorentina, dall’altra la continuità non può che passare da convinzione reciproca. Per evitare il già citato Semplici due, ossia guardare al risultato ottenuto come unica discriminante per proseguire tutti insieme. Per poi, inevitabilmente, cambiare rotta fuori tempo massimo.

Matteo Zizola

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