Riparare, dal latino reparare, è definita dal vocabolario Treccani come l’azione di rimettere in buono stato una cosa rotta, sciupata o logora. O, ancora, eliminare o alleviare un male, correggere o limitare un errore che si è commesso, risarcendo, compensando, scusandosi. Con gennaio che si avvicina e l’ultimo posto in classifica, il Cagliari dovrà provare a cambiare pelle in quello che sarà più che mai un vero e proprio mercato di riparazione.
Tra bisogno e (non) soluzioni
Il passato insegna se si ha la volontà di apprendere dai propri errori. E gennaio non è ricordato, almeno nell’era Giulini, come un mese di rivoluzioni positive. Tentate sì, riuscite decisamente meno. Anche perché i ritocchi di metà stagione sono tutt’altro che facili, chi ha buoni giocatori difficilmente li libera e men che meno lo fa a buon prezzo. Se poi ciò di cui si ha bisogno viene dimenticato, fino a mettere toppe non sui buchi ma dove la stoffa è tutt’altro che lisa, allora diventa complicato liberarsi dei problemi. In un periodo di conclamata difficoltà economica, più che i soldi che mancano serviranno le idee. Soprattutto serviranno giocatori pronti e non scommesse come quelle arrivate a più riprese nel corso degli anni. Da Husbauer a Despodov, da Cop a Ceter, senza dimenticare i vari Mpoku, Miangue e, ultimo in ordine cronologico, Gastón Pereiro. Che, dal canto suo, entra non solo nella categoria della ricerca del colpo ad effetto, ma anche in quella degli acquisti poco funzionali alle reali necessità tattiche del momento. Come dimenticare la richiesta di un difensore centrale da parte di Maran per un Cagliari che veleggiava in zona Europa, per ricevere in cambio il Tonga, giocatore sì con un pedigree importante ma di certo non fondamentale per coprire le carenze della squadra.
Esperienza e condizione
Il filo rosso che lega alcune operazioni invernali durante l’era Giulini è l’arrivo di elementi in ritardo di condizione e con alle spalle stagioni non esattamente da protagonisti. Duncan e Rugani nel 2021 hanno sì aiutato la squadra in alcune occasioni, ma arrivavano da esperienze senza continuità nei rispettivi club. Calabresi e Asamoah, invece, fanno parte di una tipologia spesso presente nei gennaio in salsa rossoblù, quella dei calciatori fisicamente poco integri e che arrivano da infortuni in serie. Il ritorno di Nainggolan in Sardegna rientra negli aspetti positivi, ma il colpevole ritardo e l’assenza di calcio giocato nei mesi precedenti non hanno aiutato il Ninja ad avere l’impatto sperato. Come dimenticare poi altri innesti che si sono succeduti negli anni, da Paloschi a Thereau, da Castan a Birsa, fino ad arrivare ai vari Cacciatore, pur per certi versi utile, Gonzalez, Diakité e Brkic. Il Cagliari di oggi non potrà permettersi di aspettare il recupero dei nuovi arrivi, anche se in alcuni casi colpi di questo tipo possono rivelarsi comunque funzionali nel finale di stagione.
Flebili luci
Pochi i giocatori arrivati in corso d’opera che sono risultati utili per gli obiettivi stagionali. Luca Pellegrini, per certi versi il già citato Cacciatore, in Serie B il portiere Rafael e, se si vuole, anche Paolo Faragò, i ritorni di Deiola e l’arrivo di Lykogiannis dallo Sturm Graz, la scommessa verso il futuro di Walukiewicz. Troppo poco, questo almeno dice il passato, questo dice la storia dei mercati di riparazione dal gennaio 2015 a quello del 2021. Mazzarri spera che il 2022 e l’attesa rivoluzione possano portare nuova linfa che aiuti a cambiare la rotta di una stagione per ora deficitaria. Con cessioni mirate e acquisti funzionali. Prima di gennaio manca ancora tempo, mancano partite importanti, mentre non manca il tempo per pianificare e trovare le idee giuste da dare al tecnico di San Vincenzo. Sempre che ci sia la volontà, al di là della retorica del mercato creativo e di una rosa più forte di quanto dica la classifica.
Matteo Zizola