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Cagliari | Necessità e virtù: Nicola e il ritorno del 3-5-2 tra pro e contro

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I numeri, quando si parla di schieramento tattico, possono ingannare. Difesa a tre o a quattro, centrocampo a due o a tre tutto può cambiare a seconda della fase di gioco. Nella stessa partita possono coesistere due strategie differenti, la flessibilità come stella polare per modificare il proprio vestito seguendo le diverse situazioni. È in fondo la strada intrapresa da tempo da Davide Nicola per il suo Cagliari, quella di una squadra capace nel bene e nel male di trasformarsi, di passare dal 3-5-2 al 4-2-3-1 e viceversa con tutte le varianti del caso. Un modo di interpretare le partite che, però, potrebbe essere momentaneamente messo da parte – come d’altronde avvenuto nell’ultima sconfitta di Roma – più per costrizione che per volontà contro il Monza, con l’allenatore rossoblù che dovrà giocoforza fare di necessità virtù a causa delle assenze o di recuperi che potranno dare maggiori alternative soltanto in corsa.

Percorso

In estate, nel ritiro in Valle d’Aosta e nelle intenzioni a monte, il Cagliari sembrava orientato verso il 3-5-2 nelle sue diverse declinazioni. Mercato e preparazione della stagione raccontavano di un Nicola pronto a impostare la propria squadra sulla difesa a tre, puntando su una mediana con diverse frecce al proprio arco e su un attacco con Piccoli al centro e i vari Luvumbo, Viola e Gaetano (arrivato a campionato iniziato) a giocarsi il posto di fianco al centravanti ex Atalanta. E le prime giornate di Serie A avevano confermato l’idea iniziale, prima che l’allenatore piemontese correggesse la direzione tattica verso il centrocampo a due e la doppia strategia tra possesso e non possesso. Un 4-2-3-1 atipico, perché Zappa era diventato la chiave per passare dalla difesa a quattro a quella a tre, con l’ex Pescara nella doppia funzione di terzino e braccetto. Senza entrare nei dettagli prettamente tattici, la strada era stata comunque tracciata e l’undici base – al netto di alcuni ballottaggi costanti – abbastanza delineato. Il portiere, con prima il dualismo Scuffet-Sherri e poi l’arrivo di Caprile a gennaio, la retroguardia a quattro con, da destra a sinistra, Zappa, Mina, Luperto e uno tra Augello e Obert, il centrocampo a due con prevalentemente la coppia Adopo-Makoumbou, i tre trequartisti con differenti caratteristiche che rispondevano ai nomi di Zortea, Viola o Gaetano e Luvumbo (con Felici quando l’angolano ha alzato bandiera bianca per infortunio o sempre Augello in caso di atteggiamento più conservativo) e l’insostituibile Piccoli davanti. Con il cambio sono arrivati anche stabilità difensiva e risultati che, per quanto altalenanti, hanno visto il Cagliari riuscire a tenere la testa spesso e volentieri fuori dalle acque agitate della zona rossa. Abbandonata la difesa a tre sono arrivate due risposte dal punto di vista della rosa che, peraltro, hanno anche dato indicazioni per il mercato di gennaio e gli aggiustamenti del caso. Una retroguardia più snella con meno elementi a disposizione, un centrocampo fin troppo “trafficato” numericamente con il sacrificio di giocatori come Marin e Prati, relegati a comprimari, e infine l’arrivo di Coman per puntellare la batteria di esterni offensivi, scelta necessaria con il nuovo vestito tattico. Finché, prima della trasferta di Roma, proprio sulle fasce sono iniziati i problemi. Fuori Luvumbo, fuori Coman, Felici in difficoltà, Zappa ai box. E così ecco il ritorno al 3-5-2, più per costrizione che per scelta, e ora contro il Monza appare praticamente scontata la conferma del modulo che era stato accantonato ormai da tempo.

Obbligo

Il 3-5-2 non è esattamente un modulo amato dalle parti di Cagliari. Storicamente squadra da difesa a quattro, la svolta tattica verso una retroguardia a tre non ha spesso e volentieri regalato sorrisi ai rossoblù. Una sorta di sinonimo del pragmatismo, un asso nella manica da giocare nelle situazioni di difficoltà, come quando Leonardo Semplici prese il posto di Eusebio Di Francesco o Claudio Ranieri costruiva le fondamenta del suo Cagliari nella prima fase della sua seconda esperienza in Sardegna. L’arrivo di Nicola la scorsa estate sembrava poter ripercorrere lo stesso solco, lo raccontava la sua storia e lo ha raccontato il mercato in entrata. E ora, dopo tanti mesi di ritorno alla vecchia e cara (per il club) difesa a quattro, ecco che le assenze in serie e tutte nelle stesse zone (le fasce) hanno rimesso la chiesa della linea a tre al centro del villaggio rossoblù. Con pro e contro. Da una parte il rilancio di Palomino, seppur come braccetto di destra con piede mancino, pronto al sacrificio perfino da terzino come a Roma quando la gara ha portato a momenti di difesa a quattro. Poi Zortea e Augello nei ruoli più congeniali di esterni a tutta fascia, con il primo che è stato etichettato come vice Zappa dopo la sessione di gennaio, salvo poi non essere mai utilizzato in tal senso, e il secondo che proverà a sfruttare un Obert rientrato dalla nazionale slovacca con un problema muscolare che lo terrà fuori dalla sfida contro il Monza e, forse, anche dalla successiva a Empoli. E nel pro delle fasce si nasconde il contro della coperta corta, perché né l’ex Frosinone né il mancino milanese hanno al momento alternative nel ruolo di quinto. In mezzo al campo probabilmente il maggior plus del 3-5-2 rispolverato da Nicola. La mediana a tre, infatti, sembra sposarsi perfettamente con le caratteristiche dei giocatori a disposizione dell’allenatore rossoblù. Con il rilancio di Prati, già visto a Roma, come vertice basso e con quattro giocatori a contendersi le due maglie ai suoi lati. Da Makoumbou a Marin, da Adopo a Deiola, tutti hanno nel ruolo di mezzala compiti più congeniali alle loro qualità. Il franco-congolese che Ranieri aveva sempre in mente come centrocampista box to box, il sangavinese che può concentrarsi su inserimenti in terra nemica e sulla fase di filtro senza spingersi a quella di costruzione, il rumeno che ha sempre dimostrato in Sardegna di prediligere una posizione con meno compiti di rottura, il francese che è forse l’unico del roster a potersi adattare ad entrambi gli schieramenti. Infine l’attacco, con Piccoli punto fermo e attorno a lui uno tra Viola e Gaetano, non un grosso cambiamento rispetto al recente passato, ma con il trequartista che – coperto da una mediana più corposa – può dedicarsi maggiormente alla fase offensiva e di raccordo piuttosto che lasciare il solo centravanti a lottare in attacco. Insomma, pur dovendo fare buon viso a cattivo gioco causa infortuni, ciò che nasce dalle difficoltà sembra poter essere la scelta migliore in una gara da vincere a tutti i costi e nel rush finale che deve portare alla salvezza. Con alcune armi da poter inserire in corsa per sparigliare, da Coman a Luvumbo, da Felici e Kingstone, per dare un altro vestito tattico più offensivo o alimentare il gioco sugli esterni.

Matteo Zizola

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