Un passo indietro per restare fermi nel limbo oppure occasione per prendere la rincorsa e lanciarsi verso un futuro migliore. La tragedia sportiva della retrocessione in Serie B può essere l’anticamera di un lungo purgatorio, ma se si raccolgono i segnali negativi per trasformarli in positivi ecco che la debacle può diventare un modo per rinascere. Un gol all’ultimo secondo, come nel caso del Cagliari, può poi essere la conferma che la strada tracciata sia quella da seguire.
Nuova rotta
Ridurre la svolta al ritorno di Claudio Ranieri sarebbe un gioco fin troppo facile. Perché, in fondo, aver riportato in Sardegna il tecnico della doppia promozione della fine degli anni ’80 è la ciliegina sulla torta, o meglio l’elemento che racchiude il tutto. Un tutto formato da una svolta, da una divisione dei compiti che ha portato i suoi frutti non nel lungo termine come auspicato, ma in un breve periodo oltre le più rosee previsioni. Che ci fosse l’idea di cambiare registro lo dicono alcune indicazioni dell’estate 2022 e dei mesi successivi. Vero è che il fallimento di Fabio Liverani è da annoverare nella parte negativa della bilancia, ma gli arrivi di Alberto Dossena e Antoine Makoumbou sono – a posteriori – un segnale di una diversa gestione tecnica e non solo. Senza contare il salto in prima squadra dei giovani come Adam Obert, Christos Kourfalidis e soprattutto Zito Luvumbo, o ancora la gestione di Nunzio Lella. Tutti investimenti relativamente o per nulla onerosi con l’obiettivo di dare i propri frutti nel futuro. D’altronde uno dei limiti del Cagliari – inteso come società – dal post Barella in poi è stato quello di essere incapace di creare valore reale dal punto di vista tecnico, valore che permette step progressivi di crescita e che aiuta a mantenere i bilanci sani e a dare linfa al progetto sportivo. Il contrario dei profili da ultimo ballo, i nomi dalla carriera a parlare da sola ma arrivati nella parabola discendente del loro percorso. Esperienza sì, in un mix con linea verde e voglia di emergere, ma senza dimenticare qualità umane e appartenenza anche acquisita. Insomma, Lapadula e non Keita – per fare un esempio banale – oppure Mancosu e non Strootman. Con errori fisiologici com’è nell’ordine delle cose, ma che restano inferiori alle scelte rivelatesi di successo anche grazie – se non soprattutto – al giusto leader in panchina.
Mal comune…
In vista di una Serie A che dovrà essere quella del consolidamento della categoria e della strada intrapresa, il Cagliari dovrà allontanare il pericolo di diventare quella che in Inghilterra viene definita come squadra yo-yo. Quei club che scendono dalla massima serie per poi risalire, in un continuo passare dalla A alla cadetteria che non fa bene né sportivamente né economicamente. E per consolidarsi è necessario proseguire sulla via delle scelte in ottica futura, senza esagerare e tenendo presente che un po’ di sana esperienza è elemento fondante della crescita dei più giovani. Acquisire la capacità di creare plusvalore – più che plusvalenze, elemento finanziario che inganna – deve essere la stella polare da seguire senza se e senza ma. In quest’ottica assume un senso positivo l’arrivo di Ibrahim Sulemana dal Verona, così come l’obiettivo puntato su Matteo Prati della Spal. Prospetti dall’avvenire se non assicurato almeno probabile, in mezzo a elementi già presenti in casa che possono ulteriormente salire di valutazione. In un mercato, come quello italiano, estremamente complicato. Un sistema che difficilmente muove milioni di euro internamente, fatto di lunghe attese e di tanti esuberi e nel quale il Cagliari non fa eccezione. L’idea di regalare a Ranieri una rosa il più possibile completa prima del ritiro si scontra con una realtà che – uguale più o meno per tutte le società – patisce economicamente. I soldi che arrivano dall’estero spesso reinvestiti all’estero, Frattesi del Sassuolo l’eccezione che conferma la regola di un mercato interno fermo e di obiettivi che si spostano in terra straniera sia per questioni economiche che di appeal del nome esotico.
Dinamiche
Aspettarsi accelerate improvvise del Cagliari in questo momento dell’estate sarebbe andare contro le dinamiche ormai storiche e acquisite del calcio italiano nella sua interezza. In più non si può non considerare che la rosa rossoblù è al momento ampia e senza uscite difficilmente ci potranno essere entrate di rilievo. Anche in questo caso con eccezioni a confermare la regola, ma che sposterebbero di poco il discorso generale. Nel dettaglio, senza il prestito di Ciocci è complicato pensare all’arrivo di Scuffet (o chi per lui), così come in mezzo alla difesa si aspetta di decifrare la situazione del duo Capradossi-Goldaniga per poter regalare a Ranieri l’uomo d’esperienza nella categoria necessario per la crescita di Dossena, Obert e Altare. A sinistra discorso identico, Barreca da liberare per poter poi inserire un suo alter-ego da affiancare ad Azzi. In mezzo al campo il destino di Rog e Viola per capire quello di Lella e Kourfalidis, davanti il nodo Pereiro che non sarà facile da sciogliere. Più tutti i giovani di rientro e quelli non più eleggibili per la Primavera – i classe 2002 in sostanza – da valutare e poi piazzare per un giro di prestito, come nel caso ad esempio di Desogus. Insomma, cessioni in primis, innesti a seguire, con le ultime due settimane di agosto vero e proprio snodo cruciale del reale completamento del gruppo. Con alcune eccezioni, va da sé, ma senza fretta come dichiarato a suo tempo dal diesse Nereo Bonato. L’aspetto più importante, però, resta quello di base: un mix di giovani ed esperti, l’occhio al futuro e l’addio ai nomi da proclama. Resistere alla tentazione di ripetere errori passati, quella è la versa sfida del Cagliari formato Ranieri.
Matteo Zizola