“Mi indispettisco se la mia squadra non ha il giusto atteggiamento nel corso di tutta la partita. Esiste in sardo una parola per dire quel che chiamiamo “cazzimma” o determinazione”? E alla fine si invertirono i ruoli. Nella conferenza stampa alla vigilia di Cagliari-Napoli, nel tentativo di spiegare l’atteggiamento da lui richiesto alla squadra, Davide Nicola è stato protagonista di un interessante siparietto, chiedendo lui stesso ai giornalisti in sala se esistesse un termine in lingua sarda adatto a descrivere al meglio come i suoi ragazzi dovranno affrontare i partenopei e in generale le partite in questa stagione. Ecco quindi che subito si è scatenato il tam-tam digitale alla ricerca della definizione più calzante, stimolato anche dalla società stessa che sui suoi social ha chiesto aiuto ai suoi tifosi.
Il mister rossoblù, incidentalmente proprio prima del Napoli, ha utilizzato il termine “cazzimma”, e bisogna quindi fare un leggero passo indietro e chiedersi: cosa è la “cazzimma”? È un vocabolo della lingua napoletana, utilizzato per descrivere un insieme di comportamenti e noto proprio per non essere adatto a un’immediata traduzione in italiano. Il cantautore napoletano Pino Daniele nel 1994 la definì come “L’attitudine a cercare e trovare, d’istinto, sempre e comunque, il proprio tornaconto, dai grandi affari o business fino alle schermaglie meschine per chi deve pagare il pranzo o il caffè”. Come dice la nota Accademia della Crusca, è in sintesi la “furbizia opportunistica”, e chi la ha è “un individuo furbo, scaltro, sicuro di sé, cioè sa cavarsela, anche se ciò comporta scavalcare gli altri”. Un termine quindi nel complesso dispregiativo, sicuramente forte.
Ma Nicola intendeva questo? Sicuramente no. Nello sport apparve già nel 2000 quando lo skipper napoletano Francesco De Angelis, nella gloriosa campagna di Luna Rossa in America’s Cup lo utilizzò dicendo che per battere il Team New Zealand serviva un mix di furbizia e aggressività con quel tocco in più di cattiveria, ma è proprio col calcio che è salito alla ribalta negli ultimi anni anche grazie alla crescente importanza del Napoli nel panorama italiano. Fu Benitez, uno spagnolo, a chiedere che gli azzurri fossero più intensi, aggressivi e scaltri, “con più cazzimma”, e a seguirlo negli anni arrivarono anche Sarri, Gattuso e Ancelotti (oltre ad altri allenatori anche fuori dal contesto Napoli), e dal 2014 il neologismo entrò nella Treccani con la seguente definizione, decisamente ripulita e sicuramente più adatta al calcio: “Atteggiamento o comportamento deciso, risoluto o anche aggressivo, interpretato favorevolmente come espressione di forza e personalità.”
Questo è sicuramente ciò che chiede ai suoi ragazzi il tecnico di Vigone, e l’abbiamo visto in ritiro a Chatillon quando ad esempio i due difensori Obert e Wieteska erano i più indiziati alle sue reprimende in quanto colpevoli di essere troppo teneri in marcatura, fin troppo puliti ed eleganti ma poco decisi, e allora ecco che il “usate le mani!” diventava l’invito pratico per essere più aggressivi nei confronti dell’attaccante avversario. Ma allora come dire ciò in sardo?
Esiste un termine in lingua sarda noto ai più che potrebbe tornarci utile, e che purtroppo a differenza di cazzimma ha avuto una traiettoria opposta per quanto riguarda la sua percezione: “balentìa”. È balente etimologicamente parlando è chi è abile, di valore, e lo è in quanto forte e coraggioso, che non ha paura, audace, padrone di quello che fa e del suo destino. Il dizionario del Puddu definisce quasi poeticamente la balentia come “un valore del sardo, il coraggio di rispondere al tempo e alle difficoltà della vita e alla cattiveria del potente di turno”, mentre Michela Murgia nel suo celebre libro “Viaggio in Sardegna” disse che “il balente è l’incarnazione della perfezione virile, che secondo il criterio strettamente barbaricino è espressa da colui che allo stesso tempo sa, sa fare, e quindi fa”. Nello stesso saggio spiegava poi come però questa parola, soprattutto utilizzata dai non barbaricini, prese un significato distorto unicamente utilizzato per identificare chi commetteva crimini e che con la balentia non aveva nulla a che fare.
Non ci permettiamo di aprire un capitolo vastissimo come l’analisi del banditismo e del ‘900 in Sardegna, ma limitandoci al termine esso racchiude quindi un concetto non tangibile e può avere sfumature molto ampie, come comunque è sfumato e ampio il termine cazzimma. Limitandoci alla sfrontatezza, potrebbero andare bene anche i termini “atza” o l’espressione “a faci manna”, ma anche in misura minore in quanto più volgare la “barrosia” e il “bogare barra”. “È interessante e stimolante che Nicola abbia chiesto una parola proprio in sardo. Balentia può essere un termine perfettamente calzante per questa sua richiesta e – dice lo storico e scrittore Omar Onnis, raggiunto ai nostri microfoni – ciò è anche una circostanza favorevole per smontarne l’accezione negativa che ha preso il sopravvento dagli anni Settanta in poi”. Probabilmente anche Nicola, dal giorno 0 a Cagliari impegnato nella missione della creazione di un’identità di squadra, si è più o meno involontariamente lanciato nell’azione di riscoperta dell’identità sarda attraverso la scoperta e la riscoperta di termini adatti al suo gruppo.
Di sicuro quindi c’è che Nicola ha proprio bisogno di questo: contro la cazzimma della squadra di Conte serviranno giocatori coraggiosi, determinati e padroni del proprio gioco e servirà un po’ di sfrontatezza per contrastare il potente di turno, questo Napoli ancora in costruzione ma che è o molto probabilmente sarà una big del campionato. Servirà insomma, balentia.
Alessandro Frongia