Dall’astinenza all’abbondanza, da un solo gol su azione nelle precedenti quattro partite ai quattro gol in un tempo nella sfida contro l’Ascoli. Una questione di mentalità, non solo come reazione alle difficoltà ma anche come atteggiamento più offensivo. E dunque una questione anche di scelte, perché il passaggio al 4-3-1-2 (con Mancosu da trequartista e Lapadula non più solo ma affiancato da Prelec) ha dato al Cagliari più soluzioni e una maggiore efficacia nella fase d’attacco.
Decisivo
L’importanza di Gianluca Lapadula per il Cagliari è sotto gli occhi di tutti: dei 34 gol segnati dai rossoblù ben 13 hanno la firma dell’attaccante italo-peruviano, quasi il 40% del totale. I numeri sono ancora più impressionanti se consideriamo solo le partite giocate sotto la gestione Ranieri: 6 gol in 8 gare, anche se due di questi sono arrivati direttamente (a Brescia) o indirettamente (con l’Ascoli) dal dischetto.
Lapadula non è l’archetipo di attaccante che si fa notare tanto nell’arco dei novanta minuti: non è il più bravo a venire incontro per combinare con i compagni, non è dotato di grande passo per attaccare la profondità, non domina i duelli aerei e non è un giocatore che crea superiorità con passaggi o dribbling. Eppure dentro l’area è mortifero, un incubo invisibile per i difensori avversari. Alla luce di queste caratteristiche, l’ex attaccante di Pescara e Milan ha bisogno di essere circondato da giocatori che gli permettano di lavorare poco sugli aspetti del gioco in cui è meno efficace, per focalizzarsi quasi esclusivamente sull’attaccare l’area e trovare il gol. In questo senso, avere al suo fianco un giocatore come Marco Mancosu, che spicca per intelligenza e qualità tecnica, non può che essere positivo. Così come la presenza di un secondo numero nove, diverso per caratteristiche, gli toglie dalle spalle la responsabilità di portare la croce, lasciandogli soltanto quella del canto.
Svolta
Se prendiamo però l’ultima gara giocata contro l’Ascoli di Breda, possiamo notare delle grosse differenze tra primo e secondo tempo. Nei primi 45 minuti, Lapadula ha effettuato un solo tiro (al 14’ con un colpo di testa), mentre nella ripresa, al di là del doppio tentativo su calcio di rigore, le conclusioni verso la porta sono state tre. Buona parte di questa differenza sta nell’approccio del giocatore, che dopo un inizio difficile si è voluto prendere sulle spalle i compagni mostrando personalità e alzando il livello delle giocate, come dimostra alla perfezione il gol del 3-1. Prima la richiesta fatta a Goldaniga di giocare lungo su di lui verso l’esterno, sfruttando la maggiore fisicità rispetto al terzino bianconero Donati, poi la spizzata per Azzi e infine il taglio verso l’area di rigore a raccogliere e depositare in rete il cross del compagno.
Guardando la partita con una prospettiva più analitica, si può notare come il miglioramento di Lapadula nella ripresa abbia molto a che fare con l’inserimento di Nik Prelec e il conseguente arretramento di Mancosu nella posizione di trequartista puro. Giocare con un attaccante in più, specialmente uno che si impegna tanto in fase di non possesso e che è a suo agio nei duelli corpo a corpo e nel venire incontro per giocare con i compagni, permette all’italo-peruviano di avere più spazio dentro l’area e focalizzarsi maggiormente sul fare gol.
Il Cagliari di Ranieri nella maggior parte dei casi gioca lungo con il portiere: se l’unico riferimento offensivo è Lapadula è facile per gli avversari riconquistare il pallone. Pur se molto bravo nel tenere alle spalle l’avversario e difendere il pallone quando riceve sulla figura, sui duelli aerei spesso fa fatica essendo mediamente più basso dei centrali avversari. Anche quando riesce a spizzare il pallone, manca poi un altro riferimento offensivo che occupi i difensori e permetta ai centrocampisti rossoblù di vincere la seconda palla. In più, aspetto di fondamentale importanza, proprio le seconde palle possono diventare preda di un trequartista se oltre a una spalla in attacco si inserisce un giocatore come Mancosu alle loro spalle. Con una punta fisica in più, come è logico, è più facile sia vincere il duello aereo che prendere possesso del pallone quando torna a terra sfruttando la presenza di Lapadula; con un trequartista la mediana e il reparto offensivo si legano maggiormente e oltre alla soluzione lunga si possono trovare spazi anche con scambi sul breve.
Giocare con un attaccante in più ovviamente rende più difficile la marcatura per i centrali avversari. Lapadula è maestro nel trovare minuscoli spazi di campo da attaccare dentro l’area e nel coordinarsi rapidamente, ma avere un compagno ulteriore che gli avversari ritengono pericoloso gli permette di avere ancora più spazio e di poter attaccare con comodità anche il secondo palo andando a battagliare con un terzino invece che con un difensore centrale.
Questi vantaggi non risiedono solo dentro l’area, ma anche in situazioni in cui l’azione parte più indietro e c’è la possibilità di un cross da lontano. Nella prima immagine Barreca potrebbe far partire un cross dalla trequarti, ma Lapadula non ha di fatto soluzioni né centralmente, né su uno dei due pali. Nella seconda immagine invece la presenza di Prelec nel mezzo spazio crea tantissimo spazio tra i due centrali. Da una situazione simile Lapadula può attaccare quello spazio centrale, attaccare il mezzo spazio creando un dubbio a centrale e terzino avversario (indecisi su chi debba marcarlo), o persino muoversi sul secondo palo attaccando il lato cieco del terzino.
Anche se Ranieri non ha avuto quasi mai a disposizione una punta oltre Lapadula, non è un caso che dal suo arrivo il Bambino delle Ande abbia migliorato i suoi numeri. L’ex allenatore del Leicester ha capito che il segreto per farlo performare al meglio è limitarne l’apporto lungo il campo per sfruttarlo al massimo dentro l’area dove sa essere micidiale. Le due heatmap di seguito mostrano i palloni toccati dal numero 9 rossoblù in una partita sotto la gestione Liverani (immagine 1) e in una partita sotto la gestione Ranieri (immagine 2). Le differenze sono lampanti.
Numero 10
Come segnalato in precedenza, anche la nuova posizione di Mancosu può fare la differenza per risolvere il problema della sterilità offensiva. Non più seconda punta, ma vero numero 10 dietro i due centravanti. Il primo a beneficiare di questo cambiamento è proprio il centrocampista sardo che per caratteristiche è in grado di svolgere alla perfezione i compiti del trequartista nel 4-3-1-2, ossia legare i reparti, muoversi con assoluta libertà tra le linee sfruttando la presenza delle due punte che abbassano la retroguardia avversaria, allargarsi a piacimento per creare superiorità numerica sulle fasce con la consapevolezza che Lapadula non rimarrà isolato in area, avere più spazio per combinare con i compagni e andare alla conclusione da lontano. L’azione che porta al rigore e il gol del 2-1 sono degli ottimi esempi di quanto detto.
Nel primo caso, la presenza delle due punte obbliga la difesa dell’Ascoli a collassare dentro l’area. Partendo da lontano e avendo modo di leggere bene la situazione, Mancosu può trovare la posizione ideale per rendersi pericoloso e guadagnarsi il rigore. Nel secondo caso invece, consapevole delle difficoltà della squadra di Breda nel coprire il campo in orizzontale, il classe ’88 parte largo a sinistra dove sa di poter ricevere il pallone con libertà dato che il terzino Donati è costretto a giocare più stretto a causa della presenza della doppia punta. Da quella posizione potrà poi spostarsi in posizione centrale, ricevere portando fuori dall’area il mediano Buchel e creare una voragine tra centrocampo e difesa bianconera, spazio poi sfruttato magistralmente con l’uno-due e concluso con il bel destro a giro.
L’arretramento del numero 5 rossoblù porta con sé dei vantaggi non indifferenti anche per gli attaccanti. Se Mancosu può giocare qualche metro più indietro la qualità del palleggio migliora notevolmente, perché Lapadula non dovrà più abbassarsi fino al centrocampo per aiutare la squadra (non il suo forte) e potrà focalizzarsi interamente sul far gol. In aggiunta, avere alle spalle un trequartista in grado di servire in qualsiasi momento un assist decisivo spinge gli attaccanti a essere più decisivi e aggressivi, consapevoli che ogni loro movimento, corsa e sforzo potrebbe essere ricompensato nel migliore dei modi. Complice l’assenza per infortunio di Luvumbo, arrivato proprio nel momento in cui l’angolano stava ritrovando la forma straripante di inizio campionato, il passaggio al 4-3-1-2 con la doppia punte e l’arretramento di Mancosu da numero 10 puro potrebbe quindi essere un’ottima soluzione per amplificare le potenzialità offensive di Lapadula e di riflesso del Cagliari.
Marco Lai