Un 3-5-2 con i quinti pronti a far male all’avversario e meno abili in fase di contenimento. Una squadra che sa far gol, ma che allo stesso tempo subisce tanto. Così, in estrema sintesi, si potrebbe descrivere il Torino di questo primo scorcio di stagione: 11 punti in 7 gare, 12 gol fatti e 11 subiti, per un avvio di campionato decisamente positivo certificato dal settimo posto in classifica (4 posizioni 2 punti in più rispetto all’anno scorso). Un avversario tosto per il Cagliari di Davide Nicola, che si riaffaccia dopo la seconda sosta per le nazionali con le certezze guadagnate tra Parma e Torino sponda Juventus: un successo e un pareggio che hanno tolto i rossoblù dalla zona rossa della graduatoria e che permettono di guardare in avanti con maggiore fiducia.
Corsi e ricorsi
Domenica 20 ottobre all’Unipol Domus arrivano i granata di Paolo Vanoli, oggetto del desiderio di Tommaso Giulini e Nereo Bonato tra maggio e metà giugno, quando il tecnico di Varese era in procinto di cambiare aria dopo aver riportato in Serie A il Venezia grazie al successo nella doppia finale dei playoff di Serie B contro la Cremonese. Il Cagliari era fiducioso di riuscire a convincerlo a sposare la causa rossoblù, ma alla fine nonostante le mezze promesse fatte ai dirigenti, Vanoli ha preso la via di Torino per sostituire Ivan Juric alla guida del club della Mole. Così sulla panchina che fu di Claudio Ranieri è arrivato Nicola, torinese e torinista fin da bambino, che ha indossato la maglia granata per una sola stagione (2005-06), contribuendo però in modo decisivo alla promozione in Serie A nella prima annata da presidente di Urbano Cairo. Che nel gennaio di quindici anni più tardi lo richiamò per sostituire Marco Giampaolo alla guida del suo Torino, per centrare una salvezza che si faceva complicata con Belotti e compagni che occupavano un deludente terzultimo posto con soli 13 punti in 18 giornate. Fu un prosieguo di stagione ad alti giri emozionali, come di consueto con Nicola in panchina, ma alla fine il Toro si salvò con 37 punti finali, uno in meno del Cagliari di Leonardo Semplici, nel frattempo subentrato a Eusebio Di Francesco. Cui fu fatale proprio il ko interno contro i granata: 0-1 firmato Bremer il 19 febbraio 2021. Un match di cui in tanti ricordano l’abbraccio finale con tanto di strattoni di Nicola a Salvatore Sirigu, autore di alcuni interventi decisivi per blindare il successo, a testimoniare una volta di più il legame del tecnico di Luserna San Giovanni e i suoi calciatori. Incroci e intrecci che si ripetono nella storia di Cagliari-Torino, con l’ultimo precedente in ordine di tempo legato alla morte di Gigi Riva: lo scorso 26 gennaio l’1-2 firmato da Zapata, Ricci e Viola è stato il primo match giocato dal Cagliari dopo la morte di Rombo di Tuono, in una Unipol Domus ancora sotto choc.
Abilità offensiva
Da allora sono passati nove mesi, ma Cagliari e Torino hanno cambiato pelle. E anche profondamente: i granata hanno perso sulla via del mercato due pilastri come Buongiorno, Rodriguez e Bellanova, passati rispettivamente a Napoli, Betis Siviglia e Atalanta. Ma la perdita più grave è rappresentata sicuramente da Duvan Zapata, più di un capitano per la squadra di Vanoli, che a San Siro ha finito in anticipo la sua stagione per un grave infortunio al ginocchio sinistro. Lo dicono i numeri Opta: il colombiano è fin qui il capocannoniere del Torino con 3 gol (insieme allo scozzese Adams), ma è anche il giocatore con il maggior numero di tiri (16, di cui 10 nello specchio) tra i granata, dribbling tentati (8, come Lazaro) e falli fatti (10). Cifre che aiutano a capire quanto sia imprescindibile Zapata per il Torino, che sulla fisicità dell’ex Atalanta ha costruito tanto nelle ultime due stagioni. La fascia al braccio è stata la naturale conseguenza: ora Vanoli dovrà trovare il modo di non risentire troppo dell’assenza del suo capitano, cercando di valorizzare la coppia formata da Ché Adams e Antonio Sanabria, almeno fino al mercato di gennaio. E una delle armi su cui punterà l’ex tecnico del Venezia è certamente la propulsione sulle fasce, con i vari Lazaro, Sosa, Pedersen e Vojvoda chiamati non soltanto a continuare a mettere palloni in area per le punte, ma a essere ancora più protagonisti. A prescindere dall’assenza di Zapata, che nei sedici metri fa sentire il suo strapotere fisico ma è abile anche in ripartenza. Ampiezza sulle fasce e inserimenti centrali (come i gol di Sanabria a Verona o Ilic contro l’Atalanta): nelle prime 7 giornate il Torino ha prodotto tanto su queste due situazioni offensive, tanto da essere la migliore squadra della Serie A per la percentuale di tiri nello specchio (54%) e la terza per realizzazione (21%). Da non tralasciare, infine, il dato sui gol segnati su palla inattiva: 3 reti, di cui una su rigore (Vlasic contro l’Inter), una su corner e una sugli sviluppi di una punizione, entrambi firmati da Saul Coco.
Difesa perforabile
Dati che spiegano la pericolosità dei granata in zona avanzata, specialmente nella parte finale di tempo, che sia il primo o il secondo: 3 gol fatti tra il 31′ e il 45′, ben 4 nell’ultimo quarto d’ora di match. Numeri che farebbero dire che il Toro di Vanoli ricorda un motore diesel, che performa meglio quando è lanciato, ma attenzione anche alle partenze di match di Ricci e soci, che più di una volta hanno messo alle corde anche avversari più titolati (chiedere a Milan e Inter). Questo dato, però, curiosamente è valido anche per la fase difensiva e, soprattutto, per quanto riguarda i gol subiti: 4 delle 11 reti prese dai granata sono arrivate nell’ultimo quarto di gara, su una distribuzione generale abbastanza omogenea (5 gol subiti nel primo tempo, 6 nella ripresa). Buon per il Cagliari, che ha segnato 3 gol dei 5 totali nell’ultima mezz’ora di gioco, arrivati tutti nelle ultime due trasferte di Parma e Torino contro la Juventus. Un altro aspetto significativo dell’analisi delle reti subite dal Toro è come nascono le occasioni da gol poi trasformate dagli avversari. La sofferenza sugli esterni è risultata particolarmente evidente nelle ultime due partite perse da Milinkovic-Savic e compagni: 2 dei 3 gol segnati all’Olimpico-Grande Torino sono arrivati dalla fascia sinistra – la ripartenza finalizzata da Guendouzi e il tocco di Noslin, su azione avviata dal cross di Pellegrini –, contro l’Inter addirittura 3 su 3, in cui Thuram ha punito ripetutamente i granata a difesa schierata. Una difficoltà da sfruttare, esattamente come fatto al Tardini quando il lavoro preparato da Nicola e dal suo staff ha portato frutto, ovvero il gol segnato da Zortea per il momentaneo 0-1 che ha spianato la strada al primo successo stagionale per i rossoblù.
A specchio?
La domanda, a questo punto, è una: come si schiererà il Cagliari per provare a fare male a un Torino ferito da due sconfitte di fila e dall’assenza del suo leader Zapata? Fin qui Nicola ha alternato il 3-5-2 (o 3-4-2-1) e il 4-4-1-1 (o 4-2-3-1), utilizzato di recente nelle ultime tre gare giocate, Coppa Italia compresa. Proprio l’1-0 firmato Lapadula contro la Cremonese può essere utile a dare una risposta: a una squadra disposta con il 3-5-2 come i grigiorossi (allora allenati da Stroppa) i rossoblù opposero un 4-2-3-1 molto fluido, pronto a diventare un 3-4-2-1 in base alle scalate degli esterni Azzi e Augello, con Gaetano e Felici pronti a scivolare tra l’occupazione centrale o laterale della trequarti a seconda del momento. Il passaggio alla difesa a quattro ha dato certamente nuove certezze al Cagliari, che ha sì subito tre gol tra Parma e Torino, ma due sono arrivati su calcio di rigore. Quel che preoccupa però del Torino è la sua capacità di fare densità a centrocampo: la linea a cinque scelta da Vanoli con il trio Linetty-Ricci-Ilic garantisce filtro, geometria e soprattutto percussioni centrali. Facile, insomma, immaginare gli interrogativi cui Nicola e il suo staff avranno cercato di rispondere in queste due settimane di sosta. Confermare la mediana a quattro, puntando sulla capacità di sacrificio di esterni (verosimilmente Zortea e Luvumbo) e trequartista (uno tra Gaetano e Viola) oppure tornare alla versione iniziale del Cagliari, cioè tornare al 3-5-2 e disporsi a specchio, magari con il ritorno di Prati in cabina di regia? L’assenza di Obert impedirà di confermare lo stesso undici visto a Torino e questo è l’unico aspetto pressoché certo: per il resto, la risposta arriverà soltanto alla lettura delle formazioni ufficiali, intorno alle 17 di domenica 20 ottobre.
Francesco Aresu