Botta, risposta e contro-risposta. La partita in casa Torres tra Sechi, la squadra e il tecnico Mariotti in queste ore ha preso le sembianza di un incontro tra Federer e Nadal. Colpi dritti e rovesci ma anche pallonetti e schiacciate, ognuna diverso dal precedente e rigorosamente a distanza. Come impongono i tempi. Tra un comunicato, una lettera o un post social, oltre ai punti di vista di ognuna delle parti coinvolte sono stati inseriti richiami a leggi, termini legati ad accordi economici e dettagli legali non sempre chiari a chi di solito è abituato a parlare di pallone e di calcio giocato. Abbiamo allora chiesto un parere all’avvocato Filippo Pirisi, esperto di diritto sportivo e Coordinatore dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport, di rispondere su alcuni punti affrontati dal club sassarese e dai suoi tesserati nel continuo scambio a distanza di questi giorni.
Avvocato, partiamo dalla base: come funziona l’accordo economico in Serie D?
“Troppo spesso, purtroppo, si cade nel grave, sebbene comprensibile, errore di confondere le consuetudini del nostro calcio con ciò che, invece, prevedono le norme. La principale fonte di riferimento è la Legge n. 91/1981 denominata “norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”. Siccome i termini hanno un peso specifico importante, deve prima di tutto notarsi la scelta dell’utilizzo della parola “rapporti” che fa, inevitabilmente, riferimento ai soli rapporti di lavoro. È proprio l’esistenza o meno di detti rapporti di lavoro che differenzia i calciatori professionisti dai dilettanti, sia, appunto, come inquadramento soggettivo sia come, di riflesso, ambito di applicazione delle rispettive tutele. Da un punto di vista pratico, tale differenza trova una delle sue principali dimostrazioni nella differenza fra il “contratto” che firma il calciatore professionista per ottenere la propria retribuzione e l’”accordo economico” che, invece, firma l’atleta dilettante al fine di ottenere il suo rimborso spese, nel quale è chiaramente indicato che in nessun caso detto accordo potrà rappresentare l’instaurazione di un rapporto di subordinazione.
Ciò trova conferma nel fatto che se fra una società iscritta alla LND ed un proprio atleta intercorre un impegno patrimoniale, gli stessi devono necessariamente sottoscrivere, sull’apposito modulo, l’accordo economico a ciò relativo, nella misura massima consentita di €. 28.158. Si tratta, è bene precisarlo, non di una semplice facoltà delle parti ma, piuttosto, di un vero e proprio obbligo previsto specificatamente dalle NOIF. Tali accordi possono prevedere sia una dazione annua generica, in linea di principio suddivisa in dieci rate mensili di uguale importo, sia ulteriori voci quali, ad esempio, le indennità di trasferta o rimborsi forfettari per particolari spese o, ancora, delle voci di natura premiale.
Affinché detti accordi ottengano valore devono, inoltre, obbligatoriamente, essere depositati entro trenta giorni dalla loro sottoscrizione, presso il Dipartimento o la Divisione di competenza. Tale deposito, così come la stessa loro sottoscrizione, non rappresenta una facoltà per le parti contraenti ma è, anch’esso, un obbligo dal momento che la sua mancanza determina l’assoluta invalidità dell’impegno patrimoniale. In altre parole, è come dire che se l’accordo, seppur sottoscritto, non viene depositato è come se non fosse mai esistito”.
Quale porzione economica dell’accordo le Società sono tenute a corrispondere dato lo stop per coronavirus?
“L’accordo economico, così come ogni accordo, necessita di un aspetto fondamentale rappresentato dalla sua data iniziale, non tanto per una questione di puro stile quanto, ovviamente, poiché gli effetti giuridici contenuti al suo interno si potranno sprigionare solo a partire da quello specifico momento. Pertanto, come dicevo prima, qualora un accordo economico sia correttamente redatto e ritualmente depositato, l’atleta, salvo casi patologici, avrà diritto ad ottenere le somme lì indicate a partire dal momento in cui l’accordo è sottoscritto e depositato fino al termine della stagione sportiva che, come si sa, è il 30 giugno. Va da sé, dunque, che la cifra X indicata nell’accordo economico, salvo diversi patti (come gli anticipi, ad esempio), viene suddivisa proporzionalmente per le mensilità in cui è stata svolta regolarmente la prestazione. In altre parole, se un atleta depositerà l’accordo economico che prevede X a partire da agosto, settembre od ottobre avrà diritto ad ottenere la controprestazione economica suddivisa proporzionalmente in parti mensili uguali da quel momento e fino a giugno.
Qualora, invece, come quest’anno, si dovessero verificare delle situazioni di straordinarietà tale da rendere la prestazione sportiva impossibile, peraltro in modo oggettivo e sopravvenuto essendo le competizioni state sospese per ordine dell’Autorità pubblica e della FIGC – LND (con il C.U. n. 273 del 9.3.2020 e con il C.U. n. 179/A del 10.3.2020), diviene discutibile se la pretesa dell’atleta sia comunque legittima o meno, fatta ovviamente salva quella relativa ai periodi in cui l’attività è stata regolare, sulla quale non può esservi dubbio alcuno. A mio modo di vedere, come in parte ha avuto modo di confermare, sebbene informalmente, anche la Lega, in assenza di prestazione (ancor di più alla luce del fatto che trattasi di mero rimborso spese e non di retribuzione) non è dovuta neanche la controprestazione economica. Va da se che, quindi, i calciatori avrebbero diritto ad incassare le somme indicate nell’accordo economico, proporzionalmente suddivise, dalla data della sua sottoscrizione e solo fino allo stop imposto al 9/10 marzo. Aspetto ulteriore e certamente interessante, ad oggi privo però di una risposta certa, è come individuare il momento finale del conteggio sulla corresponsione, poiché è innegabile che le società, essendo il campionato ancora sospeso e non annullato, stiano continuando ad impartire ai calciatori delle direttive di carattere atletico. In questo caso non c’è modo di dare una risposta certa ma, a mio avviso, la sola direttiva atletica non può comportare il diritto al rimborso. Ovviamente, in casi come questi, come giustamente ha più volte consigliato l’AIC, la soluzione più condivisibile è quella di addivenire ad un accordo bonario che rispetti sia le aspettative (ma, purtroppo, non i diritti) dei ragazzi sia i diritti, essi si, delle società”.
Cosa succede, come rivendicano i giocatori della Torres, per i mesi precedenti all’accordo economico?
“Non conosco direttamente il caso Torres e, quindi, ovviamente non sono in grado di dare un commento specifico, soprattutto nel rispetto di entrambe le parti. Da un punto di vista puramente formale, però, trovo strano che i ragazzi possano ardire a richiedere delle somme per periodi antecedenti alla stipula dell’accordo economico. Infatti, come dicevo prima, non può esistere alcuna corresponsione se non direttamente connessa ad un accordo economico depositato e, se è vero, come sembra, che gli accordi siano stati sottoscritti e depositati solo a settembre, trovo appunto difficile immaginare una pretesa che origini da momenti precedenti. Anche perché, essendo necessario il rispetto delle formalità connesse al deposito, se anche vi fosse stato un astratto accordo, verbale, per la corresponsione dei rimborsi anche per quelle mensilità, in assenza di deposito ogni accordo sarebbe comunque invalido. Troverei, piuttosto, corretto pretendere non tanto il pagamento di una mensilità non facilmente dimostrabile quanto, piuttosto, verificare se la suddivisione proporzionale mensile del capitale indicato in accordo sia stata operata, in tutti questi mesi, conteggiando o meno la mensilità di agosto. In altre parole, per spiegarmi meglio, facendo l’esempio di un ipotetico accordo economico di importo pari a 10.000 €, se esso è stato depositato a settembre, ci si dovrà aspettare il versamento di € 1.000 mensili, da settembre appunto a giugno. Se, invece, ipoteticamente, fosse esistito un accordo, informale, di pagamento anche del mese di agosto, ciò sarebbe evidente anche documentalmente poiché, sempre sulla base dei 10.000 €, il versamento mensile sarebbe stato non di 1.000 (calcolato sui 10 mesi) me, bensì, di 909 (calcolato su 11). Circostanza che, conteggi alla mano, permetterebbe comunque agli atleti di richiedere, ma in forma giuridicamente condivisibile, una eventuale mancata corresponsione astrattamente imputabile ad un agosto tecnicamente non dovuto”.
Come mai la dirigenza rossoblù parla di rimborsi a luglio ed agosto se l’accordo è depositato a settembre?
“Avendo letto la nota della Società Torres, certamente viene palesato che, in qualche maniera, alcuni versamenti siano comunque avvenuti anche prima della stipula, e quindi del deposito, dell’accordo economico. I motivi, ovviamente, non posso conoscerli. Per poter però dare un parere tecnico oggettivo e credibile, ovviamente, bisognerebbe capire a che titolo tali versamenti siano stati operati e, soprattutto, se, ed in quale misura e forma – di rilievo giuridico – fossero connessi ai successivi accordi. Si tratta, infatti, a mio modo di vedere di un aspetto particolarmente rilevante, poiché, ma rifiuto di crederci alla luce della correttezza sia della società che dei suoi atleti, se si fosse trattato di pagamenti estranei all’accordo economico si potrebbe palesare la grave conseguenza della violazione degli artt. 4, co. I, e 2, co. I, del C.G.S. in relazione agli artt. 29 e 94, co. I, lett. a) delle NOIF nonché l’art. 43, co. II, del Regolamento della L.N.D. il quale punisce, e pesantemente, ogni tipo di accordo e/o di erogazione patrimoniale non contemplata all’interno degli accordi economici per come ritualmente depositati. Ritengo, infatti, più probabile che si sia trattato di pagamenti comunque connessi al successivo accordo economico, sebbene la loro – formale – estraneità potrebbe comportare numerosi spunti di confronto all’interno di una eventuale dinamica processuale davanti alla Commissione Accordi Economici della LND”.
Si è poi discusso sull’utilizzabilità dei fondi regionali per saldare gli accordi economici…
La legge regionale n. 17/1999 è stata prevista con l’intento di riconosce la funzione sociale dello sport e di promuoverne la pratica e la diffusione e, a tal fine, in linea molto generica, prevede, fra i suoi vari passaggi, l’erogazione di determinati contributi a sostegno anche delle Società sportive per, fra le tante, favorire l’acquisto di attrezzature, incentivare le attività di base, promuovere l’aggiornamento dei tecnici e dei dirigenti, sostenere la tutela sanitaria e la ricerca scientifica e, quando si tratti di atleti o Società di chiaro interesse regionale, la parziale copertura delle maggiori spese sostenute per l’insularità. Contributi che, ovviamente, devono essere rendicontati a riprova della legittimità delle spese dichiarate. Una prima riflessione è quindi che, quantomeno ad oggi ed all’attuale situazione di fatto e diritto, non essendoci certezza neanche sul fatto che siano o saranno dovuti rimborsi per periodi privi di prestazione, è prioritario domandarsi se, effettivamente, sarebbe lecito poterli “coprire”, per così dire, con il contributo regionale. Ad ogni modo, per entrare nello specifico della domanda, se è pur vero che non vi è una riconducibilità diretta di tali fondi per il pagamento dei rimborsi, allo stesso tempo, numerose circolari interpretative hanno autorizzato le richieste di contributo da parte delle Società avuto conto, nei singoli bilanci, anche delle spese da esse sostenute per i rimborsi agli atleti. Ne conseguirebbe che, per analogia, allo stesso tempo anche nel caso specifico la strada proposta dagli atleti potrebbe essere percorribile, purché, però, vi sia la disponibilità della Società ad agire in tal senso, non potendo esserle, altrimenti, giuridicamente imposto. In altre parole, se la Torres, al momento della richiesta di contributo, dovesse inserire la voce relativa ai rimborsi, allora il rispetto della ratio legis prevederebbe la copertura dei rimborsi stessi ma, in caso contrario, gli atleti rischierebbero di trovarsi scoperti anche sotto questo aspetto.
Roberto Pinna